google popolarità autorevolezza e trust

La storiella la conosciamo tutti: l’obiettivo di Google – oltre a guadagnare, ovviamente – è offrire all’utente le migliori risposte possibili, in base alle sue intenzioni di ricerca. Sul loro stesso sito dichiarano che

Attualmente gli algoritmi di Google si basano su oltre 200 segnali univoci o “indizi” che consentono di intuire che cosa stai realmente cercando.

Questi famosi 200 fattori non sono mai stati elencati con precisione da Google: a parte 3 casi (velocità, HTTPS e mobile-friendly), non ricordo che Google abbia detto pubblicamente e apertamente “questa cosa è un fattore di ranking”. In pratica, è un po’ come la ricetta della Coca-Cola: più o meno si conosco alcuni ingredienti, ma nessuno conosce le dosi precise. Questa opacità ha generato milioni di discussioni su cosa serve e cosa no, su cosa funziona e cosa no. C’è addirittura chi ha disegnato una “tavola periodica degli elementi SEO”,

Tavola periodica degli elementi SEO

cercando di individuare quelli on-page e quelli off-page. Di certo Google ha ripetuto, più e più volte, di puntare sulla grande qualità dei contenuti, in grado di generare condivisioni, apprezzamenti sui social, e – ovviamente – anche di attrarre link in modo naturale. Ricordo per esempio questa frase di Matt Cutts, pronunciata in un suo video del Maggio 2013:

Assicurati di creare un ottimo sito, amato dagli utenti, che possa generare passaparola, che possa essere messo nei bookmark, che sia visitato spontaneamente, in poche parole che sia “compelling”. Se hai questo obiettivo, sappi che anche Google è allineato con questo obiettivo. Se lavori duro per i tuoi utenti, sappi che anche Google lavora duro per mostrare i tuoi contenuti di qualità ai suoi utenti.

Ma c’è anche un altro punto molto interessante sul quale Google ha insistito più volte, ovvero quello dell’autorevolezza. Sappiamo che l’authorship è morta ufficialmente il 28 Agosto 2014, almeno dal punto di vista della faccina mostrata nelle SERP. Però Google ha e avrà sempra una matta necessità di sapere chi è autorevole e chi no, di quali siti/autori può fidarsi e di quali è meglio stare alla larga.

Il mese scorso è spuntato pure un paper prodotto da 7 ricercatori di Google, che cercano – in buona sostanza – di trovare un sistema per determinare quali siti contengono fact, ovvero dati di fatto, verità. Insomma, Google si basa ancora molto sui link, ma cerca costantemente nuove vie, algoritmiche (vedi Hummingbird) o umane (vedi i quality rater), per migliorare i risultati delle ricerche. Il “nuovo corso” sembra orientato all’intelligenza artificiale, alla semantica, ma anche alla determinazione di chi è autorevole, e di cosa è “vero”. Chiudo questa lunghissima premessa, per arrivare al punto:

Popolarità, Autorevolezza e Trust sono sinonimi?

Non ho una risposta precisa, ma direi che per Google i confini di questi termini si sovrappongono parecchio. Un sito popolare (=molto trafficato e noto), dove pubblicano contenuti autori popolari (=che godono di una buona fama, che hanno molti seguaci), è considerato da Google come un sito con un trust elevato, ovvero un sito di cui ci si può fidare? Beh, direi proprio di sì. Pensa a Wikipedia: secondo uno studio di Intelligent Positioning del 2012, nel 99% dei casi dei termini presi in esame, Wikipedia figurava in prima pagina su Google UK (e nel 55,9% dei casi al primo posto!).

Oppure pensa a quante volte hai trovato in vetta Giallo Zafferano quando cerchi una ricetta di cucina su Google.it. Eppure non sempre Wikipedia è affidabile. Non sempre offre contenuti rispondenti al vero. Ci sono noti casi di citazioni false inserite all’interno di alcune pagine, che sono state poi riprese da giornali e televisioni. Se scendiamo poi sul piano della user experience, ricordo di aver trovato ben posizionate su Google delle pagine di ricerca interne di Giallo Zafferano – tipo questa –

Pagina di ricerca di Giallo Zafferano

anziché la ricetta vera e propria. In pratica cerco una ricetta specifica, e Google mi propone ai vertici della SERP una pagina che mostra i risultati di una ricerca interna effettuata sul sito di Giallo Zafferano per quel termine, pagina che però include un sacco di cose inutili, e mi costringe a fare almeno un click in più per ottenere ciò che desidero.

Come fanno questi siti a godere sempre dei favori di Google, ad essere sempre ben posizionati? Beh, lo sono perché mediamente han lavorato bene. Per lungo tempo. E lo han fatto con continuità. Riflettendoci bene, anche nella “vita reale” è così. Una persona popolare finisce spesso con l’essere autorevole, e con l’ottenere la fiducia della gente. Attori, cantanti, personaggi dello spettacolo: hanno un potere enorme sulle folle, possono muovere i loro fan schioccando le dita, spesso convincendoli a comprare qualsiasi cosa.

Popolarità -> Autorevolezza -> Fiducia

Non sempre i più popolari sono i più bravi, ma chi riesce ad ottenere e poi mantenere una buona visibilità sul lungo periodo, chi riesce a farsi notare, a svettare fra la folla, è probabile che col tempo diventi quasi invincibile. Quanti siti sono premiati oggi da Google solo perché sono anziani, solo perché sono “ben stagionati”. Ci sono SERP cristallizzate da anni, con siti inamovibili. Sono siti ai quali Google perdona molto: magari hanno fatto un buon lavoro 10-15 anni fa, ed oggi campano ancora di rendita. E magari Google chiude anche un occhio su questi soggetti – se han fatto cose non proprio pulite – e tira invece mazzate a destra e a manca ai siti più giovani.

Conclusione

Si torna sempre al vecchio discorso, affrontato più volte su questo blog: se sei bravissimo, ma ti nascondi in una grotta, nessuno ti noterà. Se crei articoli fantastici ma li tieni per te, quasi avessi paura a condividerli, su Google non farai strada. Se invece sei un po’ meno bravo ma comunque regali consigli, produci e distribuisci contenuti in ogni dove, fai il “prezzemolino”, è assai probabile che diventerai simpatico a Google. Ci vuole solo tanto tempo e tanta costanza, ma alla fine ce la farai. Alla fin fine Google è già più “umano” di quanto possiamo immaginare, con tutte le conseguenze – positive o negative – del caso.

Max Valle

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