Black Hat SEO vs White Hat SEO

Spesso aver lavorato in settori borderline ti fa sembrare agli occhi dei puritani della SEO una persona malvagia, dalla dubbia etica e pronto a fare qualsiasi schifezza possibile per raggiungere la prima posizione. Anche se questo potrebbe benissimo essere vero e si conoscono le tecniche per farlo, nella maggioranza dei casi la dimestichezza con la Black Hat è di estrema utilità per capire bene cosa non fare per essere penalizzati durante il lavoro di tutti i giorni e difendersi da attacchi di ogni genere. Google non è scemo, e anche se spesso qualcuno lo crede, alla fine capisce benissimo certi trucchetti e cala la sua spada di Damocle. L’ultimo aggiornamento di Penguin 4.0, che ora dovrebbe portare questo temuto algoritmo ad agire in tempo reale e in maniera più accurata di prima, ne è certamente una dimostrazione. Una volta colti in flagrante, si può essere colpiti da una serie di penalizzazioni o da rimozioni di pagine o siti dai risultati di ricerca del motore. Conoscere i limiti fin dove è possibile spingersi, così come le tecniche utilizzate per ottenere un piazzamento pulito, sono le migliori armi che un SEO può avere nel proprio arsenale.

Black Hat SEO, che cosa è?

La Black Hat SEO, si può riassumere in una serie di stratagemmi e tattiche aggressive che hanno l’obiettivo di “convincere” il motore di ricerca che i risultati che gli proponiamo sono i migliori a sua disposizione. Nella maggior parte dei casi, queste tattiche sono utilizzate in progetti dalla breve durata. Spesso però, in SERP poco “controllate” dagli algoritmi di Google queste tattiche sono utilizzate normalmente e possono portare enormi benefici ai posizionamenti dei nostri clienti.

White Hat SEO, che cosa è?

Per contro parte, la White Hat SEO include tutte le azioni che si possono compiere con sicurezza per rendere migliore le pagine dei nostri siti agli occhi dei nostri utenti e di Google. In molti articoli sulla SEO, spesso si dice di prendere in considerazione sempre e solo l’utente finale, ma lavorare pensando a entrambi è sicuramente il metodo migliore per chi vuole ottenere degli ottimi risultati. Queste azioni, che includono l’ottimizzazione on-page, l’inserimento di dati strutturati ecc ecc, sono “regole” non sempre confermate da Google ma che si è certi portare dei benefici al posizionamento dei siti su cui sono applicate.

Che cosa scegliere per non avere problemi?

In parte vogliamo rendere Internet un posto più ordinato e ricco di valore, in parte siamo disposti a utilizzare ogni metodo possibile per raggiungere il nostro scopo.

Con queste due righe penso che si possa riassumere buona parte del pensiero filosofico che regna nel campo della SEO. Il nostro lavoro consiste nel rendere le pagine dei siti più chiare e comprensibili per gli utenti che le navigano e fare in modo che queste pagine compaiono nelle prime posizioni dei motori di ricerca in maniera ordinata e catalogate sotto una serie di parole chiavi o intenti di ricerca. D’altro canto, in molte situazioni se non si riesce immediatamente a raggiungere un certo risultato, vuoi per l’urgenza di dare un riscontro positivo al cliente vuoi per la paura di non avere eseguito un lavoro nel migliore dei modi, la mancanza di veloci “salite” porta molti SEO a scegliere strade poco ortodosse. Utilizzare la Black Hat SEO, senza informare il cliente dei rischi che sta correndo, è una cosa assolutamente da evitare. In poche settimane, si rischia di buttare alle ortiche il lavoro svolto in precedenza. È sempre meglio cercare di far capire al cliente l’importanza del lavoro che si sta svolgendo e dei tempi necessari per vedere i risultati.

Autore: Claudio Marchetti, per il MaxValle.