Senza dubbio, se sei un lettore di questo questo blog vuol dire che per te la SEO non è certo un argomento nuovo. Se poi ti interessi di digital marketing in generale ti sarà forse capitato anche di sentir parlare di growth hacking.
Se la SEO è ormai da anni un caposaldo nel mondo del marketing digitale, il growth hacking, pur essendo nato nel 2010, ha iniziato ad acquisire notorietà in Italia solo nell’ultimo anno e, nel nostro settore, viene addirittura definito come il futuro del marketing.
Che cos’è il growth hacking?
Andando subito al sodo con una bella definizione:
Il growth hacking si configura come un approccio di marketing innovativo, che punta all’acquisizione rapida di utenti e alla fidelizzazione degli stessi attraverso l’offerta di un prodotto che sia in grado di soddisfarne perfettamente le esigenze, massimizzando in questo modo la user experience. Nel growth hacking viene inoltre considerato come “marketing” ogni canale, strategia o approccio che permetta di raggiungere ed acquisire utenti e viene data una grande importanza all’analisi dei dati.
Se, tuttavia, questo termine fosse per te totalmente nuovo, occorre allora fare qualche chiarimento. Per il momento focalizzati solamente su alcuni termini come “marketing innovativo”, “prodotto” e “user experience” e vedrai che tra poco tutto ti sembrerà molto piu chiaro.
Iniziamo allora a chiarirci le idee con una piccola lezioncina di storia del growth hacking.
Questo modo di concepire il marketing, come detto, nasce nel 2010 grazie ad un’intuizione di Sean Ellis, un marketer che vanta nel proprio CV alcune delle più importanti startup della Silicon Valley, prime tra tutte Dropbox.
Qui sotto trovi lo storico post pubblicato sul blog di Sean Ellis “Find a Growth Hacker for Your Startup”.
Questo articolo risale proprio ai tempi in cui Sean Ellis lavorava per Dropbox.
Inizialmente, infatti, l’ormai famosa piattaforma cloud non aveva ancora quel successo che tutti conosciamo oggi e faceva addirittura fatica ad attirare i primi utenti.
Inoltre, quei pochi che finivano con il registrarsi al servizio erano stati acquisiti tramite campagne di online advertising, per le quali il team Dropbox sosteneva dei costi davvero elevati: il CPA arrivava infatti a superare i $200.
Da qui l’idea che forse poteva esserci un modo per acquisire utenti maggiormente efficace, ma soprattutto meno costoso. Del resto in Dropbox erano sicuri della qualità del proprio prodotto dato che era stato realizzato proprio per soddisfare bisogni specifici delle persone.
Consapevole di questo Sean Ellis ebbe un’intuizione che fu ispirata ad un programma di referral precedentemente implementato da PayPal.
Qualche tempo prima Paypal decise infatti di non investire più in campagne SEA, ma di acquisire nuovi utenti regalando $10 agli utenti attuali, per ogni amico, famigliare o collega che avessero invitato a registrarsi alla piattaforma.
Dropbox, dal canto suo, avrebbe sicuramente potuto ripercorrere la stessa strada, facendolo addirittura senza il bisogno di dover spendere un dollaro. Del resto, essendo Dropbox un servizio che offre file hosting tramite cloud, l’incentivo poteva essere proprio questo: offrire spazio extra in modo gratuito ai propri utenti!
Questa strategia di growth hacking venne quindi implementata così:
- L’offerta fu messa subito in risalto agli occhi degli utenti appena arrivati sul sito.
- Venne costantemente monitorato l’user behaviour attraverso l’utilizzo continuo di A/B testing per verificare quale tipo di messaggio fosse più efficace. In questo modo si osservò ad esempio come l’utilizzo di “Earn space” avesse una performance migliore dell’iniziale “Invite your friends”.
- Il tutto venne reso super condivisibile tramite e-mail o le principali piattaforme social.
I risultati di questo “trucchetto” implementato in pochi giorni furono strepitosi. Infatti, in poco più di un anno gli utenti di Dropbox passarono dall’essere circa 100.000 a quasi 4 milioni!
Questo è un perfetto esempio per farti capire cosa sia e come funzioni il growth hacking.
Ricapitolando, quindi, il primo passo dovrebbe essere quello di mettere sul mercato un prodotto che sia veramente utile per le persone e che sia studiato per rispondere a dei bisogni specifici.
Dopo aver soddisfatto questo primo requisito di base ed aver creato un prodotto di qualità definito in gergo come un “Product Market Fit” (PMF) potrai allora focalizzarti sulla sua distribuzione.
Per implementare questa fase in maniera sia efficiente che efficace, non dovrai rivolgere la tua attenzione indistintamente a tutte le persone, ma solamente alle persone giuste.
Il tuo obiettivo non deve essere infatti quello di creare awareness, spendendo miliardi in sponsorizzazioni di prodotto, pubblicità televisive, cartelloni pubblicitari ecc. Dovrai invece essere così bravo da conoscere il tuo pubblico in modo tale da poter individuare canali alternativi per riuscire a raggiungerlo.
Infine, sfruttando il valore del tuo prodotto e trovando il modo di fornire un incentivo a tuoi utenti potresti riuscire a mettere in moto uno dei meccanismi di marketing più potenti di sempre: il word of mouth (il passaparola).
Le persone infatti sono maggiormente portate a consigliare un prodotto di qualità ai propri parenti e amici, a maggior ragione se poi riceveranno addirittura un qualcosa in cambio.
Questo tipo di approccio descrive alla perfezione il growth hacking.
Strategie simili sono state utilizzate non solo da Paypal e Dropbox, ma anche da Airbnb, Uber, Facebook e Spotify per divenire quelle aziende di successo che tutti conosciamo oggi.
Ora, potrei stare a parlare di growth hacking tutto il giorno, ma è arrivato il momento di passare al fulcro di questo post, ossia il rapporto che sussiste da SEO e growth hacking.
SEO e growth hacking
Un’aspetto simpatico del rapporto tra SEO e growth hacking riguarda il fatto che se da un lato spesso si trovano in rete numerosi articoli dal tema “La SEO è morta” e simili, al contrario, come abbiamo detto anche all’inizio di questo post il growth hacking viene sempre citato come il futuro del marketing.
Ora, mentre sappiamo tutti che la prima affermazione sia totalmente infondata, la seconda, a mio modo di vedere si avvicina molto, se non del tutto, alla verità dei fatti.
Con l’esempio citato prima ti sarai reso conto di come il modo di fare marketing al giorno d’oggi sia cambiato. Startup nate pochissimi anni fa, oggi sono dei colossi mondiali con valutazioni miliardarie e pur appartenendo a settori differenti hanno tutte un minimo comun denominatore: il growth hacking.
I growth hacker, quindi, differiscono dai marketer tradizionali non solo negli approcci di marketing utilizzati, ma anche e soprattutto nel background.
Se i marketer seguono le strategie da manuale, lanciandosi in quelle campagne di marketing lunghe mesi e super dispendiose, i growth hacker preferiscono focalizzarsi su una serie di trucchetti e scorciatoie (hack) a basso costo ed alto potenziale e che magari non erano stati utilizzati prima da nessun altro. Il tutto non farà altro che permettere alla propria azienda di crescere sia relativamente al proprio bacino di utenti, ma soprattutto in termini di profitti (grow).
Focalizziamoci ora sul discorso del background. I growth hacker sono definiti come professionisti di tipo “T-Shaped”. Che cosa vuol dire? Un growth hacker possiede un mix molto vasto di conoscenze in ambito digital che spaziano dai social media, la programmazione, l’e-mail marketing, il copywriting, fino al marketing automation, il data analytics, la SEM ed ovviamente la SEO!
Questo mix di conoscenze definisce quindi la parte orizzonatale della nostra T, ossia l’ampiezza delle conoscenze. Ed è proprio qui che inizia a delinearsi la prima correlazione tra SEO e Growth Hacking.
Qui una rappresentazione grafica di quello che ti sto raccontando:
All’interno di questo ampio mix di conoscenze i growth hacker ne possiedono almeno un paio in cui possono ritenersi degli esperti e che saranno quindi per loro dei punti di forza. Queste skills definiscono la parte verticale della nostra T, relativa appunto alla profondità delle conoscenze.
Proseguendo il nostro discorso sul rapporto che sussiste tra SEO e growth hacking un forte legame tra questi due ambiti è relativa proprio ai professionisti che lavorano in questi settori. Abbiamo infatti detto che i growth hacker hanno un background personale e professionale molto variegato. Secondo la mia esperienza personale lo stesso può dirsi per molti SEO che conosco.
Negli ultimi anni mi è infatti capitato di conoscere professionisti della SEO con i background più svariati: ho conosciuto chi aveva studiato ingegneria, marketing o informatica, ma anche giurisprudenza, lingue straniere e persino alla filologia.
Si sa inoltre che molti SEO hanno buone competenze nell’ambito dell’analisi dei dati, e-mail marketing, social media, copywriting, affiliazioni ma anche marketing automation e linguaggi di programmazione.
Detto questo, non mi stupirei affatto se molti amici SEO leggendo questo articolo stiano iniziando a riconoscersi nella figura del growth hacker. Del resto per poter lavorare con il fatidico “mindset del growth hacker” non vi è alcun bisogno che questo sia il tuo titolo professionale scritto su LinkedIn.
Ergo, visto l’interesse e la popolarità che sta sempre piu acquisendo il growth hacking negli ultimi anni, a mio modo di vedere i SEO sono tra i professionisti attualmente piu adatti a “trasformarsi” in un growth hacker. Di conseguenza credo che questo tema meriti un approfondimento.
Qualora potesse interessarti ho da poco pubblicato un libro sul growth hacking che puoi trovare qui o anche su Amazon in versione sia cartacea che digitale.
L’idea iniziale era di proporre un testo che si ponesse come un qualcosa del tipo “Il growth hacking visto da un SEO”. Tuttavia, proprio per le ragioni che ti ho appena raccontato, più mi addentravo nel mondo del growth hacking più mi rendevo conto che questo modo di concepire il marketing già facesse parte del mio mondo di lavorare. In questo modo ho poi potuto scrivere questo libro ponendomi in prima persona come un growth hacker.
Il testo si presenta come un’introduzione e soprattutto una motivazione al growth hacking, studiata per essere veloce, breve e coinvolgente proprio perché il mio obiettivo è quello di introdurre il lettore all’argomento per poi fare in modo che egli termini la lettura con voglia scoprirne di più in prima persona.
Quindi, in conclusione, il growth hacking a mio modo di vedere si sta sempre più imponendo come il futuro del marketing e che tu sia un SEO o no merita sicuramente un approfondimento. Se, tuttavia, già ti occupi di SEO probabilmente partirai avvantaggiato. Iniziare oggi ad affinare la tua figura professionale come quella di un growth hacker probabilmente tra qualche anno potrebbe regalarti delle interessanti soddisfazioni professionali.
Buon growth hacking e SEO a tutti!
Autore: Fabio Morelli, per il TagliaBlog.