Negli ultimi mesi ho raccolto decine di email di clienti in fuga da SEO specialist, Social Media Marketer e agenzie di ogni genere e specie. Gente che, più o meno abitualmente, frequenta questo blog, e ad un certo punto si fionda nella pagina “Consulenza”, compila il form, e inizia a scrivere peste e corna delle sue esperienze, ovviamente negative, contro il SEO, il “social coso” o l’agenzia dal nome spesso altisonante. E spera da un lato che io risolva la situazione, e dall’altro che io sia “diverso dagli altri”. In questo post vorrei provare a dare qualche consiglio, o perlomeno qualche umile indicazione, agli uni e agli altri. Premessa Non ho mai lavorato in una agenzia. E non sono nemmeno un SEO specialist o un Social Media Marketer, almeno secondo i canoni di certuni. Sono però una persona che lavora su Internet dal lontano 1995, quindi ne ho viste di cotte e di crude, e ho maturato nel tempo una certa esperienza e “visione d’insieme”. Aggiungo che non farò i nomi di nessuno, e che non credo che quanto posterò qui sotto valga per il 100% degli operatori di settore o dei clienti: conosco e stimo diverse persone/agenzie, e quindi so che ci sono soggetti che sanno fare molto bene il loro lavoro. Ma ci sono anche tanti personaggi che, per incompetenza o improvvisazione, sembra invece lavorino per rovinare il mercato, creando di conseguenza problemi a tutti gli altri, e al mercato stesso. Tutto ciò premesso, i problemi che ho visto emergere nel corso del tempo, nell’ambito del rapporto fra chi offre il servizio e chi lo acquista, sono di 2 ordini: Problema 1: l’approccio di chi vende Ripeto, non voglio certo fare di tutta l’erba un fascio, ma quello che ho avuto modo di osservare – e di leggere nelle “email-lamentela” dei clienti fuggiaschi – è che il professionista tira l’acqua al suo mulino (e spesso sputa sul mulino dell’altro 🙂 ). Intendo dire che, oltre al SEO che parla male dell’altro SEO, c’è quello che dice che la SEO “è cosa buona e giusta”, mentre (ad esempio) l’attività sui social è assolutamente inutile, da evitare come la peste. E, ovviamente, il “social coso” dirà invece che oramai la SEO è morta, che la gente passa il tempo sui social, e quindi è lì che bisogna investire i soldi. Riassumendo, non c’è l’approccio orientato a risolvere il problema del cliente, bensì quello di vendere la propria competenza, anche se questa non è utile allo scopo. E ci si guarda bene dall’essere davvero consulenziali, e/o a fare il nome di qualche altro professionista di un settore limitrofo al proprio. Faccio un esempio concreto, emerso da una email che ho ricevuto di recente: il SEO in questione riceve un elenco di parole chiave dal cliente. Effettua il posizionamento per le parole chiave concordate, ma il cliente non ottiene alcun miglioramento sulle vendite, e quasi neppure sul traffico. Motivo? le parole chiave posizionate erano assolutamente inutili per il cliente. Erano keyword nate nella sua mente (malata), ma che nessuno cerca sui motori. In più, la landing page sul sito del cliente era assolutamente inguardabile, non in grado di portare vendite/conversioni. Cosa avrebbe dovuto fare il consulente onesto? Sicuramente almeno queste 3 cose: a. Valutare per bene la richiesta del cliente e suggerire altre parole chiave, più in target con i prospect che bazzicano in quella nicchia b. Non limitarsi al posizionamento dei link sul motore, ma lavorare pesantemente anche sulla pagina di destinazione di questi link c. Puntare, in poche parole, a portare conversioni, e non a cose atte solo a soddisfare l’ego del cliente E invece il “SEO-ponziopilato” ha svolto solo il suo compitino, evitando con cura di andare oltre l’elenco di keyword indicato dal cliente. Inoltre, si è ben guardato dal mettere mano alla landing page, magari perché non ha competenze di design, grafica o copywriting persuasivo. E si è ben guardato anche dal consigliare al cliente qualcuno che invece le ha. In conclusione, ha emesso fattura per un lavoro che formalmente ha ben eseguito, ma che non ha portato alcun beneficio (economico) al cliente, che anzi si ritrova con meno soldi in tasca e con in testa l’idea che la SEO sia una (mezza) truffa. E qui arriviamo al punto 2. Problema 2: le aspettative di chi compra Per dare un colpo al cerchio e uno alla botte, devo dire che anche il cliente ha (spesso) le sue belle colpe. Un classico è il concetto distorto di budget: per qualcuno il budget da destinare al web marketing è di una cifra molto simile a quella di un pieno di benzina. E peccato che con quel pieno si vuole arrivare sulla Luna (e tornare indietro). Fra le email più buffe che ho ricevuto, ricordo appunto quella di un tizio che voleva posizionarsi ai primi posti in Google per parole chiave come “lavoro”, ma anche “viaggi”, “film” o, perché no, “musica”. Peccato che, alla richiesta del budget previsto per questa (mastodontica) attività, la cifra fosse di € 100,00, “che però può crescere un po’ se arrivano i risultati”. Alla richiesta di concentrarsi solo su di una singola attività, quella nel campo che si conosce meglio, la risposta (stizzata e supponente) fu del tipo “io son capace a far tutto, sei tu che devi dirmi qual è il settore che fa guadagnare di più su Internet”. Questo è un caso estremo, ma ben evidenzia da un lato quanto certe persone non abbiano la men che minima idea di cosa voglia dire “posizionarsi su Google per una keyword competitiva”, e dall’altro quanto sia diffusa la logica del “costo zero”, del “tanto per te è semplice, no?”, che ha rovinato gran parte del settore IT, e che è riassumibile in questa famosa storiella: Un ingegnere fu chiamato a riparare un computer molto grande ed estremamente complesso, un computer del valore di 12 milioni di dollari. Sedutosi di fronte allo schermo, premuti alcuni tasti, annuì, mormorò qualcosa tra sé e lo spense. Prese un piccolo cacciavite dalla tasca e girò a metà a una piccola vite. Poi accese di nuovo il computer e scoprì che funzionava perfettamente. Il presidente della società fu felice e si offrì di pagare il conto sul posto. – “Quanto le devo?” chiese. – “Viene mille di dollari, se non vi dispiace”. – “Mille dollari? Mille dollari per un paio di minuti di lavoro? Mille dollari, semplicemente girando una piccola vite? Io so che il mio computer costa 12 milioni di dollari, ma mille dollari è un importo pazzesco! Pagherò solo se mi invia una fattura dettagliata a giustificare perfettamente questa cifra”. Il tecnico annuì e se ne andò. La mattina dopo, il Presidente ricevette la fattura, lesse attentamente, scosse la testa e procedette a pagare, senza indugio. La fattura diceva: Servizi offerti: -Serrare una vite: Dollari 1 -Sapere quale vite serrare: Dollari 999 Conclusione Sappiamo tutti che c’è una gran crisi, che i clienti (che pagano 🙂 ) sono pochi, che si fa fatica ad arrivare a fine mese. Ma non per questo dobbiamo tirarci in casa lavori che non sappiamo svolgere al meglio, o evitare di indirizzare il cliente altrove se non abbiamo le competenze necessarie: io preferisco sempre rispondere “personalmente non faccio consulenza in questo ambito, ma in copia ci legge un caro amico che è molto competente nel campo”, piuttosto che archiviare silenziosamente l’email o (peggio) caricarmi di un lavoro in un settore nel quale non ho maturato skill. E credo anche ci siano, ancora oggi e nonostante il momento economico, enormi opportunità in tante aree del web marketing (ad esempio, quella della formazione: il cliente consapevole è una risorsa, anche solo per il fatto che evita di comportarsi come quello descritto qui sopra), e che, ora più che mai, sia necessario “fare rete” se vogliamo uscire tutti assieme dal guado. L’alternativa è che nel guado ci rimaniamo dentro, tutti quanti.