Il dibattito del momento, quello che va per la maggiore nelle ultime settimane riguarda le fake news: sul tema han preso posizione i motori di ricerca (Google in primis), i social (Facebook in primis), i giornalisti (Mentana in primis) e pure i politici (Grillo in primis).
In particolare, Google ha inserito nelle sue policy una norma contro i contenuti ingannevoli, dichiarando che “gli utenti non vogliono essere tratti in inganno dai contenuti con cui interagiscono online. Per questo motivo, non puoi pubblicare gli annunci in pagine che nascondono informazioni o che forniscono informazioni ingannevoli o errate su di te, sui tuoi contenuti o sullo scopo principale della tua proprietà web”, e che non è accettabile “indurre gli utenti a interagire con i contenuti con pretesti falsi o poco chiari”.
E in un recente report pubblicato sul Google Blog, Scott Spencer ha illustrato alcuni dati interessanti riguardo a come il motore di ricerca ha “combattuto” contro i bad site nel corso del 2016.
Nello specifico, lo scorso anno Google ha eliminato quasi 80 milioni di annunci pubblicitari ingannevoli, scioccanti o fuorvianti (tipo quelli che promettono cure miracolose).
Nell’articolo si dice anche che Google, fra Novembre e Dicembre del 2016, ha passato in rassegna 550 siti “sospettati” di essere siti di fake news, prendendo provvedimenti contro 340 di questi (per violazione delle policy) e bannandone circa 200 in modo permanente da AdSense.
Anche Facebook, lo scorso 15 Dicembre, ha pubblicato un articolo nel quale vengono illustrati alcuni provvedimenti nei confronti di coloro che pubblicano bufale e fake news.
Il “re dei social” è ben consapevole dell’esistenza di parecchi personaggi che fanno soldi con questo genere di contenuti, e quindi nel pezzo afferma che “stiamo facendo diverse cose per rendere meno interessante questo business. Dal punto di vista di chi acquista, abbiamo eliminato la possibilità di falsificare i nomi a dominio, riducendo in questo modo il numero di siti che fingono di essere testate reali. Dal punto di vista dell’editore, stiamo invece analizzando i siti dei publisher per valutare quali azioni potrebbero essere necessarie, nel caso questi siti infrangessero le nostre policy.
Ciò nonostante, siamo ben lontani dalla soluzione. Anzi devo dire che, da qualche tempo a questa parte, a me sembra di vedere sempre più fake news e soprattutto fake banner, e non sempre meno.
Questi sono un paio di banner di Google, che ho visto girare nelle ultime settimane:
significa che qualcuno li ha comprati tramite AdWords, e anche che sono stati approvati, ovvero che rispettano i punti del regolamento del sistema pubblicitario di Google.
Questi sono invece un paio di banner che girano ultimamente su Facebook:
anche in questo caso qualcuno li ha comprati per promuovere sul social notizie gossippare, con titoli che definire clickbait è dire poco.
Capisco che gli annunci in questione NON riguardano armi, alcolici, tabacco, farmaci, pornografia o altre cose che normalmente sono vietate dalle normative pubblicitarie del principale motore di ricerca e del più frequentato social network.
Ma cari Google e Facebook, se affermate di voler combattere un certo tipo di notizie false, non potete poi alimentarlo a pagamento.
Anche perché, purtroppo, la maggior parte degli utenti non è nemmeno in grado di fare distinzione fra pubblicità e contenuto. E voi che lo sapete bene su questa crassa ignoranza ci lucrate, e parecchio.