Quando mi viene chiesto di spiegare il concetto di social media marketing a seguito di una discussione avvenuta su uno dei gruppi di facebook, accetto l’arduo compito consapevole però del fatto che l’argomento potrebbe dilungarsi, ma cercherò comunque di essere sintetico pur se l’argomento è cosi vasto da richiedere maggiori approfondimenti. Il social media marketing nasce principalmente da tre diverse tipologie di evoluzioni che possiamo vedere come correlate e consequenziali tra loro, a cui abbiamo assistito negli ultimi 10–15 anni: la crisi dei classici media tradizionali a cui siamo stati esposti per anni, sempre più intrusivi e meno targetizzati alle nostre esigenze, che ha reso il consumatore medio sempre più scettico, più consapevole delle proprie aspettative e più esigente nel richiedere un’offerta profilata all’azienda; • l’evoluzione tecnologica del web degli ultimi 10 anni, che ha permesso lo sviluppo dei nuovi media partecipativi e aggregativi che hanno reso possibile la condivisione di pareri e opinioni su prodotti, servizi e aziende tra persone che per prime li avevano provati, rendendo l’informazione fruibile a chiunque e mettendo in difficoltà quelle aziende che promettevano inesistenti benefici del prodotto nei loro spot pubblicitari; • l’evoluzione del marketing aziendale, il cui campo più prettamente economico, a cui si era giunti (orientamento al cliente e marketing relazionale) non era più sufficiente a ospitare la natura sociologica e relazionale che andava sviluppandosi grazie ai nuovi media. I vecchi orientamenti al rapporto relazionale tra azienda e cliente, introdotti da Philip Kotler erano soltanto la punta dell’iceberg di quello che stava accadendo grazie ai nuovi media, ovvero lo sviluppo di community di utenti/consumatori, generatesi dal basso, senza il supporto aziendale, ma con la voglia di farsi ascoltare dalle aziende. Il concetto di social media marketing nasce da tutto ciò: da due crisi e da due risposte/evoluzioni corrispondenti. I punti di rottura con il passato Ho detto più di una volta che il social media marketing introduce dei punti di rottura col passato, sia che lo vediamo come nuovo approccio gestionale per le aziende, sia che ci limitiamo a vederlo come strumento di web marketing. A livello aziendale è accaduto sostanzialmente che i manager, resisi conto del potere distruttivo o premiante reso possibile dal passaparola degli utenti sui canali social, ottimi per rendere un’informazione virale in poco tempo, dopo casi negativi che avevano messo in seria discussione la reputazione di grandi brand internazionali (vedi Dell) hanno capito una cosa: se gli utenti parlavano male di un’azienda, era solo per la loro insoddisfazione. Per porre rimedio a tali problemi bisognava soltanto fare una cosa: ascoltare i propri clienti e comunicare/conversare con loro. Con lo sviluppo dei nuovi media l’orientamento del marketing aziendale è ora passato dalla costruzione di una relazione alla costruzione dell’ascolto e la natura della scienza è diventata più sociologica che economico/statistica (come lo era stata per decenni). I numeri e le teorie della micro economica si sono rivelate insufficienti per descrivere le dinamiche di una relazione, e ancor più della semantica interna alla relazione. Le aziende ora non possono più interfacciarsi, come hanno fatto per anni, ai propri clienti mettendogli un’offerta su un piatto, che possono acquistare o meno, ma devono letteralmente scendere dal piedistallo istituzionale, cambiare i toni comunicativi e definire le offerte assieme al cliente. Si passa dalla proposta di un’offerta dall’alto (azienda) verso il basso (cliente), come è stato per decenni, alla co-generazione di idee e nuovi prodotti/servizi a partire dal basso (utenti-clienti) che vanno verso l’alto (aziende). A livello di web marketing è accaduta se vogliamo la stessa cosa. Nei primi 15 anni di web, le forme di online marketing esistenti seguivano il medesimo approccio di quello descritto pocanzi: il display advertising, i banner, l’email marketing, il sito web o l’e-commerce, erano comunque (all’epoca) mezzi innovativi con cui le aziende si interfacciavano coi clienti, ma il cui approccio restava comunque lo stesso: io azienda, dall’alto, ti offro qualcosa (attraverso il mio sito, attraverso i miei banner o sponsorizzazioni, attraverso i miei pop-up/interstitial, attraverso le mie intrusive e-mail) e tu utente/cliente, puoi decidere se acquistare o meno. In sostanza cambiavano gli strumenti ma non cambiava l’approccio. La nascita e sviluppo dei social media, inverte il processo anche a livello del web. Attraverso le fanpage di Facebook o gli account Twitter io utente posso interagire col brand, apportare idee, contributi e critiche che queste ultime non potranno non ascoltare, pena la possibilità di distruzione della reputazione (grazie all’effetto virale del buzz) e il conseguente calo delle vendite e fallimento nella peggiore delle ipotesi. Misurare il Social Media Marketing e gli effetti del passaparola on line Uno degli argomenti molto dibattuti nei blog, nei social e tra addetti ai lavori è quello della misurazione. Per le persone che per anni hanno investito negli strumenti di advertising sia online che offline, l’analisi dei risultati è stata la cosa più importante da tenere in considerazione (più importante addirittura del grado di soddisfazione dei propri clienti!). Tutto ciò che di denaro investo, deve portarmi dei reali benefici/risultati, altrimenti la campagna si sarà rivelata essere inefficace. Quello che però accade col social media marketing è però che la classica metrica del ROI (capitale investito/risultato operativo) risulta essere inadeguata per misurare i risultati di una campagna. Perché? Una campagna di social media marketing può misurare obiettivi precisi, come la promozione di un evento o la vendita di un prodotto da pianificare nell’arco del breve periodo, può essere misurata (seppur non sempre nel dettaglio ma possiamo farci un’idea che investendo tot. abbiamo aumentato le vendite del prodotto X o portato un elevato numero di utenti all’evento Y) ma quando vogliamo misurare il miglioramento o la costruzione della reputazione o di un vero e proprio brand online come si fa? Non vi nasconderò da subito una cosa: al momento non esiste una metrica che misura il rendimento in termini di fatturato della conversazione bidirezionale azienda-utente (ciò che gli utenti pensano e dicono di un brand) ne tantomeno dell’engagement (il livello di coinvolgimento degli utenti dai contenuti proposti dalle aziende nei loro canali social) che è possibile misurare quantitativamente e qualitativamente (attraverso software semantici di analisi della conversazione), ma effettivamente poi non sappiamo quanto tutto ciò andrà a rendere nello specifico sul fatturato aziendale. Ciò che mi sento di dire è che un’attività di marketing conversazionale nei social si rende oggi indispensabile comunque, integrandola all’interno del proprio piano di web marketing, indipendentemente da quanto poi la reputazione possa essere misurata (ma poi in passato si potevano misurare nello specifico i risultati delle affissioni pubblicitarie o degli spot televisivi che pubblicizzavano un brand o un prodotto??) proprio perché come ho scritto sopra, è cambiato l’approccio e l’utente/cliente oggi vuole vedere l’azienda partecipe, vuole sentirsi coinvolto nei processi di costruzione di un’offerta e, in casi ancora più avanzati, vuole contribuire alla costruzione di un brand, di una vera azienda. Ci sono tuttavia dei modi o espedienti che, attraverso un po’ d’ingegno, possono permettere di misurare i risultati di una campagna coi social media e gli effetti del buzz/passaparola. Ne citerò qui tre. Call to action sul sito Se la campagna ha come obiettivo quello di portare, attraverso i social e il passaparola, l’utente a compiere un azione sul sito, è possibile impostare un form (un menu a tendina) dal quale chiedergli come sia giunto a conoscenza del sito, e tra i vari strumenti inseriamo blog, facebook, twitter, ecc., e in questo modo potremo sapere (ma vi consiglio di trarre delle considerazioni nel lungo periodo!) se la nostra campagna nei social stia sortendo o meno gli effetti sperati. Un altro modo è quello di utilizzare i classici strumenti della web analytics, impostare degli obiettivi e misurare le conversioni e l’aumento del traffico al sito, sempre in un arco temporale più ampio. Vendita di prodotti dai social Ci sono social media che permettono di misurare praticamente tutto. Foursquare, il social network della “geolocalizzazione”, ti permette di sapere chi sta usufruendo di uno sconto in un dato momento, per acquistare un tuo prodotto, mentre oggi su Facebook sta prendendo sempre più piede il fCommerce, ovvero la costruzione di e-commerce direttamente all’interno delle pagine facebook, grazie anche a diverse applicazioni dedicate e ora, grazie all’introduzione degli iFrames, portando i contenuti e-commerce di un sito direttamente nella pagina Facebook. Se gestiamo una campagna di comunicazione aziendale sui social e riserviamo agli utenti dei vantaggi esclusivi per l’acquisto dei prodotti da Facebook, potremo sapere quanto si sta vendendo e se tale canale di vendita si rivela essere più efficace degli altri. Couponing, mini-contest Sempre da Facebook, se predisponiamo nella nostra landing tab (tab interna alla pagina facebook) dei coupon da scaricare e stampare e presentare nel punto vendita per l’acquisto di determinati prodotti con un piccolo sconto, stiamo misurando il successo (o insuccesso) della campagna social e se di successo si tratta, i benefici esponenziali potremo vederli ancor di più nel lungo periodo, perché il fatto che un brand, noto o meno mi sta dando la possibilità di acquistare i suoi prodotti a prezzi scontati solo a me che sono iscritto alla sua pagina facebook, mi avrà stupito al punto che sarò portare a fare passaparola (nell’online e nell’offline) incrementando così il database di potenziali acquirenti dell’azienda (vedi recente caso Terranova World). Concludendo, non mi sento affatto di dire che le aziende che adottano oggi il social media marketing devono togliere investimenti alle altre forme del marketing online per riversarli tutti nei social, ma che invece devono integrarle. Sia perché il social media marketing porta benefici alle altre forme di advertising sia perché gli stessi strumenti più classici come SEO e pay per click influiscono positivamente sul social. Il social media marketing è un approccio che va seguito non perché è di moda, ma perché i consumatori lo hanno richiesto per anni, oggi quasi lo pretendono, vogliono essere ascoltati e vogliono un’offerta di prodotti e servizi a cui essere realmente interessati e questo approccio prenderà sempre più piede sino a quando non si giungerà a una sorta di selezione naturale di aziende meritevoli e non, operata dagli stessi utenti/consumatori.

Origini e Misurazione del SMM

Autore: Dario Ciracì, consulente web marketing presso Webinfermento, per il TagliaBlog.