A Maggio del 2009, Matt Cutts dichiarò che l’età di un dominio non ha effetti sul ranking:

in quell’occasione, consigliò di non credere alla leggenda secondo la quale registrare un dominio per 3 o più anni può fornire un “bonus” a livello di posizionamento. Ma disse anche che Google osserva tutto il “ciclo di vita” di un sito web, per esaminarne i contenuti e capire se questi sono di bassa o di alta qualità. A Gennaio del 2014, un webmaster ha posto a Cutts una domanda leggermente diversa, ma sempre affine a questo tema: “Sono attivo col mio dominio da più di 14 anni, e sto notando che domini molto più giovani si posizionano meglio di me. Esistono algoritmi che proteggono i vecchi siti/domini da quelli più nuovi e più spammosi?”
In estrema sintesi, il consiglio che ha offerto Cutts a chi gestisce siti così stagionati è quello di dar loro una “rinfrescata”. Suggerisce insomma di non dormire sugli allori, di aggiornare il template/layout del sito con uno al passo con i tempi, in grado di fornire una miglior user experience ai visitatori. Offrire una buona esperienza d’uso, migliorare l’engagement, la persistenza e la profondità della visita (aumentando di conseguenza le pageview e diminuendo il bounce rate), creare affezione nei confronti del sito, spingere alla condivisione dei contenuti sui social, sono tutte cose legate da un filo sottile, che non riguarda solo la SEO ma tocca strategie di web marketing a tutto tondo, dai social al branding. Eppure in molte SERP di Google, a dispetto di quanto afferma Cutts, si possono trovare ben posizionati parecchi siti “anni ’90”, dalla grafica imbarazzante e dall’impatto che dire vintage è dire poco. In certi settori pare che i siti più anziani, che hanno mantenuto lo stesso tema per qualche lustro, che non hanno mai variato i contenuti di una virgola, siano sostanzialmente inamovibili, inossidabili. Come la mettiamo?