Vedo molti articoli di esperti di Google Analytics che si sforzano di conferire un’apparenza di significato alle keywords “not provided”, quelle che il tool non svela più, ufficialmente per questioni di privacy. Semplificando al massimo, da Mountain View sostengono che gli utenti loggati hanno diritto di essere protetti dalla navigazione in https, per cui le keywords con cui entrano nel sito non sono più rese pubbliche. Al di là delle cinquantamila sfumature, la soluzione finale proposta da chi si occupa di web analytics consiste quasi sempre in una divisione in sottogruppi di “not provided” associati tramite le segmentazioni alle pagine di atterraggio. Tutto questo mi fa pensare a come a volte ci si accontenti del verosimile piuttosto che del vero. Purtroppo Google, togliendo un dato fondamentale e basilare, ha perduto di credibilità in relazione all’analisi degli accessi. La sua macchina ha tutti gli accessori possibili ma ha tre ruote. L’aspetto che bisogna sottolineare è che anche un utente non esperto di web analytics ha come curiosità giusta e primaria l’esigenza di sapere per quali parole chiave viene ricercato il suo sito: è un fattore incidente sul suo business, che oltrepassa la semplice attività on line. Attenzione, ho detto “il suo sito”, perché il sito non è di colui che si occupa dell’analisi statistica ed offre il servizio di web marketing, ma di un’azienda o di un singolo che spesso fanno ben altra professione. E proprio per l’owner del sito, è importante avere dati completi e semplici. Ma Google Analytics non li eroga più. Fornisce splendidi report, funnel, tempi di permanenza ma tronchi di un dato che lo ha reso popolare, che è insito nello stesso essere un tool associato a un motore di ricerca: la keyword. Piaccia o meno, anche l’evoluzione semantica, in questo momento, non può prescindere dall’inserimento delle parole in un form di ricerca. Per tutto questo qualsiasi metodo proposto per ovviare al problema è intrinsecamente lacunoso: se un’auto ha tre ruote, è quasi buffo ingegnarsi a trainarla con una corda, o aggiungere una ruota non sua, perché non avrà mai la stabilità dell’originale. La verità ha una faccia sola: quel dato non esiste, non è fornito da Google. Andare in profondità e rimediare con congetture basate su una lacuna fondamentale è uno sforzo che fa quasi tenerezza: eppure vi siamo costretti, noi dobbiamo fornire soluzioni. Si dice che il web è bello perché è misurabile, ma con la nuova politica di Google non lo è completamente. Mancano i dati, non vengono più forniti. Così la statistica è monca, resta un’ombra di indefinito. Peccato, Google, nella web analytics, va dall’universo della precisione al mondo del pressappoco: la civiltà e il web vanno quasi sempre nel senso opposto. Autore: Stefano Piotto, consulente web marketing e SEO, per il TagliaBlog.