Qualche giorno fa Bob McDonald, CEO di Procter & Gamble, ha parlato di come sta pensando di “moderare” – ovvero ridurre – il suo budget pubblicitario di 10 miliardi di dollari, grazie al fatto che i suoi brand ricevono impression “gratuite” tramite Facebook e Google. La cosa ha fatto ovviamente infuriare un po’ di operatori del mondo della pubblicità, che non sono assolutamente dell’idea che l’advertising su Facebook sia “free”. Non lo è, insistono a dire. Il tipo di visibilità generata da campagne come quella di Old Spice Guy è arriva dopo un sacco di lavoro comprato da agenzie pubblicitarie sui vecchi media, lavoro dal quale Facebook ne ha poi tratto beneficio. La domanda, insomma, è se le piattaforme social sono sempre più in grado di creare spazi dove i clienti, che una volta dovevano spendere un sacco di soldi sui vecchi media, possono ora ottenere una buona visibilità in modo gratuito. E il quesito punta anche a capire quale sia il senso, oggigiorno, delle agenzie di pubblicità: cosa succederebbe se gli inserzionisti non avessero più bisogno delle agenzie, perché in grado di raggiungere il loro pubblico senza pagare? Cerchiamo prima di capire cosa ha detto esattamente McDonald: “… grazie a cose come Facebook, Google e altre, abbiamo notato che il ritorno sull’investimento della pubblicità, se correttamente progettato, se c’è una grande idea, può essere molto più efficiente. Un esempio è la nostra campagna Old Spice, dove abbiamo ottenuto 1,8 miliardi di impression gratuitamente.” La mia interpretazione è che McDonald sia consapevole del fatto che su Facebook, Twitter, Google+ e gli altri social i brand possono ottenere un sacco di visibilità attraverso i like, le condivisioni, i link sui blog e così via. 10 anni fa, P&G avrebbe dovuto pagare gli editori per ognuna di quelle impression. Ora non è più così: per esempio, il costo di upload del video di Old Spice Guy su YouTube è pari a zero, e ha ottenuto quasi 40 milioni di visualizzazioni. Sull’altro lato, Bob Hoffman – presidente di Gearon Hoffman, una nota agenzia di Boston – ha affermato: “Farsi pubblicità su Twitter e Facebook non è una cosa gratuita… i social media non lo sono.” In effetti la gestione, creazione e monitoraggio di una campagna pubblicitaria sui social richiede circa il doppio della manodopera rispetto ad quella di una tradizionale campagna display. E ovviamente ai clienti questo non piace, perché la digital advertising e le campagne sui social coinvolgono un gran numero di persone per fare un sacco di operazioni. E queste persone vanno tutte profumatamente pagate. Zack Barnett, direttore della comunicazione web presso l’Università dell’Oregon, ha dichiarato: “La pubblicità su Facebook non è free, anche se alle aziende presenti su Facebook piacerebbe che fosse così.” Abbiamo dunque capito che le campagne dei grandi brand sui social media – vedi Old Spice – sono supportate dai soldi spesi sugli altri media e dal lavoro fatto da persone nelle agenzie. Ma il punto è un altro. Se l’idea dietro una campagna è irresistibile, una azienda può, almeno in teoria, ottenere una enorme visibilità tramite Facebook, Twitter, Google+ e YouTube spendendo davvero poco. Se spendi un sacco di soldi per cercare di viralizzare un messaggio, significa che l’idea non è molto buona. Una campagna ben fatta si viralizza da sola, quasi senza costi. Business Insider, ad esempio, promuove tutti i suoi articoli su vari account di Facebook e Twitter. E una gran parte del traffico – e quindi dei ricavi – proviene dunque dai social media, senza pagare agenzie esterne. Ovviamente, se vendi detersiti o cibi in scatola, non è così facile ottenere visibilità tramite queste piattaforme. Ma torniamo all’affermazione di Bob McDonald: perché ha fatto arrabbiare così tanta gente? Probabilmente la risposta sta in questo commento di Steve Parker Jr., fondatore dell’agenzia di pubblicità digitale Levelwing: “La pubblicità su Internet e sui Social NON E’ FREE. Non continuiamo a discutere su questo tema, fa male all’intero settore. Forse una affermazione sensata è dire che è più misurabile ed efficace, ma di sicuro non free.” “Fa male all’intero settore”. Se P&G riducesse il suo budget, o comunque frenasse la tua crescita, si ridurrebbe di conseguenza il giro d’affari di un sacco di agenzie che lavorano proprio grazie ai suoi brand. Sull’altro lato P&G chiede alle agenzie di arrivare con nuove idee, migliori e meno costose, che possano generare più visibilità gratuita sui social media. Come andrà a finire? Liberamente tradotto da Why Ad Execs Are FURIOUS After P&G CEO Said Hits On Facebook Are Free, di Jim Edwards.