Torniamo per un attimo all’anno 2000. Ci fu un’esplosione nell’innovazione su Internet. Il mercato azionario iniziava a traballare. Lycos, Yahoo!, Infoseek e Excite avevano creato la ricerca su Internet. Gli editori iniziavano a beneficiare del traffico portato dai motori di ricerca. Invece del “web chiuso” di AOL, Prodigy e CompuServe, i motori di ricerca furono una vera e propria manna per il web aperto e distribuito. Divennero la principale fonte di traffico per editori e rivenditori, grossi e piccoli. E poi arrivò Google. Era semplice. Era veloce. I risultati erano migliori. Il mercato era già fatto, ma Google riuscì ad inserirsi. Nel 2000, gli editori iniziarono a integrare la ricerca nei loro siti. Inizialmente lavoravano con fornitori in white label, oppure se la facevano in casa. Ma in brevissimo tempo i motori capirono che avrebbero avuto più ricerche, più dati, e di conseguenza più quote di mercato se avessero finito col fare da fornitori per i siti degli editori. E così iniziò la guerra. Ma gli editori non scelsero quale motore di ricerca includere sulla base della bontà del prodotto. Era anche una questione di soldi. Gli editori più furbi misero in competizione Google contro Yahoo! e contro Ask. Quello con l’offerta migliore avrebbe avuto il diritto di fornire la ricerca sul sito dell’editore. Il modello economico di Google risultò essere il migliore – e quello che pagava di più. Negli anni successivi, durante la recessione, le revenue ottenute grazie alla search hanno permesso a molti editori di sopravvivere. Google ha sfruttato la sua superiorità economica per diventare dominante lato editore. Nel 2004, quando Google entrò in Borsa, la guerra dei motori era ormai finita. Google non solo si era inserito in un mercato già fatto. Era riuscito a guidarlo, e con ottimi margini. Gli editori furono uno dei grandi vincitori della partita. Non solo beneficiarono del traffico dei motori, ma guadagnarono anche denaro sonante. Da allora la search monetization è divenuta una fonte di reddito molto significativa per il web. Tutto ciò può sembrare un evento che capita ogni morto di Papa – cos’altro potrebbe portare sia traffico che soldi al web distribuito? Passiamo ora al 2011. Siamo nel bel mezzo di un’esplosione nell’innovazione su Internet. Il mercato azionario è traballante. I social sono un mercato grande e consolidato – Facebook e Twitter sono i Re. I siti web traggono enormi benefici dai social – i social network portano parecchi utenti ai siti. I social ora rivaleggiano con i motori per quanto riguarda le fonti di traffico. E ora arriva Google+ che cerca di farsi strada in un mercato già fatto. Suona familiare? Si, ci sono differenze fra l’evoluzione della search nel 2000 e i social nel 2011, ma le somiglianze superano le differenze. Proprio come i siti web si affrettarono ad integrare la ricerca nel 2000, nel 2011 stanno facendo lo stesso con i social. I pulsanti di condivisione sociale sono ovunque. Il bottone di Facebook sembra onnipresente. E proprio come la search era una importante componente di traffico nel 2000, nel 2011 tocca ai social. Probabilmente stai pensando che nei social i giochi sono già fatti – Facebook controlla tutto, da un lato con Facebook.com e dall’altro con il bottone sui siti degli editori. Ma Google e Twitter, probabilmente, non la pensano allo stesso modo, e ricordano bene come fu combattuta la guerra della search. Dunque, cosa ci aspetta? in base ai corsi e ricorsi storici, i social network competeranno con i motori per portare ai siti traffico e soldi. Il social che riuscirà a portare più traffico e revenue otterrà la maggior diffusione sul mercato. E di conseguenza genererà ancor più traffico e revenue. La social war rischia di spostarsi sul web e i soldi portati agli editori saranno il punto chiave. Proprio come Google ha combinato il suo modello economico con risultati offerti in modo semplice, veloce e migliore degli altri motori di ricerca, aumentando la sua quota di mercato grazie agli editori, è assai probabile che vedremo la stessa battaglia sui social. E ancora una volta gli editori saranno i grandi vincitori, mentre Facebook, Twitter e Google cercheranno in tutti i modi di vincere la guerra. Oggi è troppo presto per proclamare un vincitore. Facebook, nel 2011, domina la scena dei social. Nel 2000, invece, non c’era un vero leader nella ricerca. Detto ciò, la “monetizzazione sociale” di Facebook potrebbe non essere così forte come quella di Google, che sta investendo pesantemente nella display. Google ha inoltre il vantaggio del suo cash flow, e potrebbe anche optare per un modello antieconomico sui social per un certo periodo di tempo. Twitter, nel frattempo, è indietro rispetto a Facebook per quanto riguarda gli strumenti di integrazione con gli editori, ma ci sta lavorando sopra alacremente – un esempio è il recente lancio della Twitter Analytics. La capacità di monetizzare di Twitter è oggi ridicola rispetto a quella di Facebook o Google, ma Twitter genera una grande quantità di traffico per i siti che hanno saputo integrare bene il servizio – anche tramite altri media, come carta o TV. E che dire del gaming? Zynga fa numeri incredibili, dovrebbe solo capire come integrare i suoi social game all’interno del web, e riuscirebbe probabilmente a battere modelli pubblicitari come quello di Google e Facebook. Non si può dire come sarà la social war, ma di sicuro sta per arrivare. Se sei un brand, un venditore o un editore di contenuti, rallegrati. E’ assai probabile che stia arrivando l’opportunità che capita una volta ogni decennio, per ottenere traffico e revenue in una volta sola. E che non può che stimolare l’innovazione, rendendo il web un posto migliore per tutti. Liberamente tradotto da Search Wars? Just Wait For The Social Wars., di Seth Sternberg.