Nei giorni scorsi leggevo su TNW un articoletto che mostrava quanto traffico è in grado di generare un tweet scritto da una star con milioni di follower. Nel caso specifico, pare che un cinguettio di Ashton Kutcher – che nel periodo in questione aveva un account con 6 milioni di follower – abbia portato 13.000 visitatori al video citato, mentre per un tweet di Charlie Sheen (4,4 milioni di follower) si parla di 23.754 pageview in 24 ore, con un CTR di circa lo 0,5%.
Secondo Jonathan Strauss di awe.sm, contare semplicemente i referrer non è però il miglior sistema per tracciare le visite provenienti dalla condivisione di un link via Twitter, condivisione che in realtà sarebbe in grado di generare ben 4 volte il traffico che si immagina.
Nello specifico, una analisi condotta da awe.sm nel primo semestre di quest’anno (in alto l’immagine) ha rilevato che:
• solo il 24,4% dei click su link condivisi su Twitter aveva twitter.com come referrer
• il 62.6% dei click su link condivisi su Twitter non riportava alcun referrer (per esempio, veniva visto come “Traffico Diretto” in Google Analytics)
• il 13% dei click su link condivisi su Twitter ha un referrer diverso (per esempio facebook.com o linkedin.com)
Strauss spiega che quando un utente clicca su un link presente all’interno di un qualsiasi client (che non sia un browser) come Outlook, un’applicazione desktop basata su AIR o una delle tante app per mobile/tablet, non viene passata ad analytics alcuna informazione circa il referrer, che di conseguenza finisce contrassegnato come “Traffico Diretto”. Ecco perché la percentuale di “Traffico Diretto” è in continua crescita per moltissimi siti: la risposta è l’uso crescente di client diversi dai browser, specialmente su dispositivi mobili.
E dal momento che 2/3 del consumo di Twitter avviene su client desktop o mobile, ecco che si può stabilire che parecchio “Traffico Diretto” è in realtà proveniente da Twitter. C’è un altro dato sorprendente: più di 1 visita su 8 derivante da una condivisione su Twitter proviene attualmente da un sito di terze parti. Molti webmaster utilizzano infatti le API di Twitter per mostrare un flusso di tweet all’interno dei loro siti. Un esempio è quello di LinkedIn: nello stream dei post presenti sul social si legge “via Twitter”, ma quando qualcuno clicca su questi link il referrer che ne esce è linkedin.com.
Stesso dicasi per i tweet sindacati su Facebook, About.Me o una miriade di altri siti web che consentono di integrare direttamente il proprio feed di Twitter. Per cercare di attribuire correttamente le visite veicolate da Twitter, una tecnica è quella di taggare i link inseriti su Twitter appendendogli un URL di tracciamento (cosa fattibile, per esempio, usando Google Analytics e lo strumento di creazione URL). Per esempio, Business Insider appende in coda agli URL dei suoi articoli condivisi su Twitter questa stringa:
?utm_source=twbutton&utm_medium=social&utm_term=&utm_content=&utm_campaign=moneygame
Per il TagliaBlog Twitter è “solo” l’ottava fonte di traffico (e feedburner/twitter la quinta) da inizio 2011, ma se prendessi per buone le considerazioni di Strauss scalerebbe di colpo parecchie posizioni…