Da anni ormai il mercato della comunicazione digitale europeo si è andato sempre più concentrando nel Regno Unito. Londra è diventata la capitale dell’innovazione tecnologica digitale applicata al mondo della comunicazione online e il mercato anglosassone viene spesso preso a riferimento come precursore del futuro degli altri Paesi europei. I marketers inglesi hanno seguito con attenzione lo sviluppo digitale del loro Paese tanto da apportare continuamente modifiche al loro marketing mix per adeguarsi ai tempi e rispecchiare la frammentazione della comunicazione a cui oggi gli inglesi, e non solo loro, sono sottoposti.
Ad accelerare la naturale evoluzione del media mix, é sopraggiunta la crisi economica globale che ha costretto i direttori marketing a sottoporre a scrutinio severo ogni investimento pubblicitario. Da qui il proliferare di forum, conferenze e workshop sul tema della misurabilità della pubblicità, includendo tutte le diverse forme di essa e non solo quella online.
Durante tutto questo periodo, ancora in essere, le aziende hanno dovuto ridimensionare i propri budget d’investimento prediligendo strumenti mediatici efficienti, misurabili e possibilmente con un impatto diretto sulle vendite. Tra questi, Internet, per la sua prerogativa di contenimento dei costi pubblicitari e l’alto livello di misurabilità della performance.
Nell’analizzare questo fenomeno di spostamento degli investimenti pubblicitari, Polk&Union si è basata su alcuni presupposti, tra cui:
1) il tempo trascorso a navigare online è dato dal livello di penetrazione di Internet nel paese, dal livello di adozione della banda larga e dal livello di preparazione (Internet literacy) della popolazione;
2) l’investimento in Internet include: il pay-per-click, il display advertising, i social media, il DEM e l’email marketing, nonché la pubblicità su piattaforma mobile. Distribuendo gli investimenti pubblicitari dei marketers inglesi sui differenti mezzi di comunicazione,
li abbiamo poi confrontati con il tempo trascorso dalla popolazione inglese su ciascun media e su base settimanale. Il valore indicativo risultante è la percentuale d’investimento Internet per ogni ora di “media consumption”.
Dall’analisi dei dati di uno studio di eMarketer si evince che “Internet” assorbe una buona parte degli investimenti pubblicitari, superando lievemente l’incontrastato investimento televisivo. Quindi, è possibile stabilire che la quantità di tempo trascorso con il mezzo di comunicazione non è considerato dai marketers inglesi determinante per l’assegnazione del budget; cio’ lo dimostrano anche gli investimenti pubblicitari Radio dove per 22 ore di ascolto settimanale viene investito solo il 4,6%.
Ma torniamo ora in Italia. Confrontando le statistiche riportate da eMarketer nel 2010 con quelle del Regno Unito scopriamo che mediamente gli italiani guardano 4 ore in più di televisione a settimana, ascoltano 3 ore in meno di radio e navigano su Internet quasi 5 ore in meno. Quest’ultimo punto è dovuto ad un livello di penetrazione di Internet fermo al 47% e alla nostra “Internet literacy” inferiore a quella degli inglesi, come riportato dai dati Euristat 2010. La cosa che colpisce immediatamente osservando l’immagine qui sotto
è che mentre per Radio, Giornali e Riviste mediamente l’investimento pubblicitario si scosta poco dalla media inglese, per TV e Internet siamo agli opposti. In Italia, l’investimento di comunicazione TV rappresenta il 53% del totale contro il 28% del Regno Unito, mentre l’investimento in Internet si ferma al 4,2% contro il 29% nel U.K. E’ palese la preferenza dei marketers italiani per il mezzo televisivo.
Senza entrare nell’analisi delle ragioni che spingono le aziende italiane ad investire in modo preponderante sul piccolo schermo, cerchiamo di comprendere cosa accadrebbe se i marketers italiani si comportassero come i colleghi britannici. Il rapporto d’investimento televisivo nel Regno Unito è pari a 1,05:1 ovvero l’1,05% del budget pubblicitario per ogni ora passata davanti alla TV. In Italia il rapporto é 1,75:1.
Per Internet, il rapporto UK è 2,38:1, mentre in Italia è 0,57:1. Se calcolassimo con metodo proporzionale il livello d’investimento pubblicitario in TV, si passerebbe da un 53% ad un 32%; Internet salirebbe ad un 17,5% invece del 4,2%, vale a dire circa 1.83 mld di euro.
Ciò non vuol dire che sia la fine della pubblicità su TV, Radio e Carta Stampata, anzi potrebbe essere l’inizio di un nuovo modo di fare marketing, una comunicazione di marketing integrato (IMC, Integrated Marketing Communications) che fa leva sui punti di forza di ogni mezzo di comunicazione col fine ultimo di fornire al target audience un messaggio a 360º ed un’esperienza misurabile in termini di raggiungimento degli obiettivi.
ùTutto questo senza contare gli sviluppi tecnologici che un giorno permetteranno la vera convergenza WEB-TV e che renderanno il mezzo televisivo misurabile tanto quanto Internet. Così per ora la partita “pubblicità online Italia vs. U.K.” si chiude 1:0 e la palla è al centro. A noi marketers italiani presentare una nuova tattica.
Autore: Christian Fasulo, CEO & Founder di Polk&Union, per il Max Valle.