In un lungo post di Chris Brogan di qualche settimana fa, dal titolo “When YOU Are the Brand“, c’è un passaggio interessante che recita: “You can’t feed your family on a personal brand. You have to deliver something of value. You have to have a product or a service or something else where you make the real money. The brand is just the powerful emotional flag that people can rally around.” In poche parole, si pone l’accento sul fatto che il brand che hai sviluppato deve essere la leva per attrarre le persone ma poi, per portare a casa lo stipendio, devi avere qualche prodotto/servizio da vendere. E la cosa è sacrosanta. Ma è anche assai delicata: online vige una sorta di “regola non scritta”, che associa l’autorevolezza di un personaggio alla gratuità. In pratica, si è tanto più stimati e autorevoli quanto più si dispensano consigli gratuiti. Per ogni link di affiliazione che metti, perdi qualche punto e qualche lettore. Più sposti la barra verso il guadagno, più il tuo pubblico si allontana da te. Seth Godin lo spiegava molto bene, quando parlava degli “starnutatori”: “ogni volta che accettano di “diffondere un virus”, il loro potere diminuisce”. Lo ammetto, il sottoscritto è una vittima di questo perverso sistema: non amo legarmi troppo ad altri brand, non amo promuovere prodotti/servizi di terzi, non amo dare consigli per ottenerne di riflesso un ritorno economico. In nome di una mia “etica”, cerco di ben differenziare la pubblicità (che sta qui a destra) dai contenuti. E quindi, probabilmente, perdo delle opportunità economiche. O forse dovrei monetizzare ciò che faccio in un altro modo. Che consigli mi daresti? 🙂