Ultimamente si parla molto delle strategie pubblicitarie di Twitter e Facebook. La quota e le revenue delle 2 aziende continuano a crescere, ma c’è ancora un grande interrogativo al quale non è stata data una risposta convincente: Gli annunci pubblicitari inseriti all’interno di “attività sociali”, funzionano o no?
Anche se Facebook è su una scala diversa rispetto a Twitter, entrambi condividono l’obiettivo di sviluppare un business solido intorno alla pubblicità: gli investitori nei 2 social puntano ad ottenere un flusso di entrate stabile e crescente. Twitter deve giustificare il suo valore di mercato di 8 miliardi di dollari, mentre per Facebook il valore di cui si parla è addirittura di 100 miliardi – quando diverrà una società quotata in borsa.
Ad oggi Twitter deve una parte degli introiti ad accordi con terze parti per la cessione dei suoi dati, mentre per Facebook la pubblicità fa la parte da leone. Twitter ha fatto la sua prima incursione nel mondo della pubblicità con i Promoted Tweets, e quindi ha esteso l’offerta a prodotti simili, come i Promoted Trends. Più di recente, l’azienda ha iniziato a proporre una piattaforma di pubblicità self-service, simile alla logica che utilizza Google col suo AdWords.
Gli inserzionisti pagano quando l’utente interagisce o retweetta un Promoted Tweets, che Dick Costolo (CEO di Twitter) ha definito come “the atomic unit of our ad strategy”. Twitter afferma che i tweet hanno un tasso di engagement variabile fra il 3% e il 5%, rispetto al CTR medio di un banner che invece è intorno allo 0,5%.
Ma qual è il valore di un “tweet” o di un “like”? Gli inserzionisti sono dubbiosi
Secondo eMarketer, Twitter potrebbe fare 260 milioni di dollari di revenue pubblicitarie nel 2012. E tuttavia, ci sono ancora diversi scettici circa il suo modello di business. Tom Bedecarre, dell’agenzia di digital marketing AKQA, afferma di essere un fan di Twitter, ma dice anche che molti inserzionisti non sono ancora certi dei vantaggi che possono ricevere da un Promoted Tweet: “Qual’è il valore di un Like su Facebook? E quello di un Retweet? E’ una sfida per gli inserzionisti”.
Anche un pezzo sul WSJ fa il punto sulla riluttanza degli inserzionisti ad investire in campagne pubblicitarie su Twitter. Se alcuni sono felici di sperimentare i Promoted Tweet e altri nuovi prodotti, sono però scettici circa il loro valore: “Le aziende che hanno acquistato annunci pubblicitari su Twitter, si dicono generalmente soddisfatte della percentuale di utenti che cliccano sull’annuncio o della divulgazione che ottiene l’annuncio stesso. Ma i marketer dicono anche che questi annunci non hanno ancora dimostrato che possono convertire l’utente in un cliente pagante”.
L’ultima sfida per Twitter e Facebook è stata riassunta da Martin Sorrell, personaggio a capo di WPP Group (il più grande gruppo mondiale in ambito marketing e advertising). Sorrell ha affermato che non è ancora certo del valore che un inserzionista o un brand può ottenere miscelando messaggi commerciali con attività sui social: “Il punto è che Facebook è un media sociale, non uno pubblicitario, come invece la search o la display. E’ certamente uno dei più potenti, forse quello più potente dal punto di vista del branding. Tuttavia, è un media basato sul word of mouth e le PR. Se interrompi le conversazioni con messaggi commerciali, lo fai a tuo rischio e pericolo”.
Vuoi davvero che qualcuno ti proponga dei buoni sconto mentre chatti con un amico?
I Promoted Tweets hanno avuto un certo successo, ma anche all’interno di Twitter c’è una certa preoccupazione circa la fatigue che gli utenti potrebbero ottenere se venissero iniettati troppi annunci pubblicitari nello stream. Anche se gli annunci fossero perfettamente targhettizzati – ed è per questo motivo che Google e Facebook spendono così tanto tempo nel monitorare i propri utenti – sono ancora visti da troppe persone come intrusivi.
Immagina di parlare con un amico o di guardare le foto di un party mentre qualcuno ti si avvicina cercando di cacciarti in mano un buono sconto. Un analista di Forrester, parlando di Facebook, ha detto proprio così: “E’ come cercare di vendere cose alle persone mentre sono al bar con i loro amici”. Google ha ottenuto uno straordinario successo correlando la pubblicità alle parole chiave, perché le persone che sono attivamente alla ricerca di un determinato termine hanno più probabilità di essere interessate ad acquistare qualcosa di legato a quel termine – sono più “propensi all’acquisto”, come si dice in ambito pubblicitario.
Ma l’attività su Twitter e Facebook spesso non è legata in alcun modo all’acquisto di qualcosa, e cercare di dirottare all’improvviso una conversazione per portarla verso l’acquisto di un prodotto/servizio può avere conseguenze spiacevoli – come hanno capito in McDonalds, quando la loro campagna basata sugli hashtag si è trasformata in “bashtag”. E se non si vuole iniettare pubblicità nello stream o in una pagina di Facebook, allora è necessario sviluppare una conversazione reale con gli utenti – se si vuole trasmettere loro un messaggio – e per fare ciò occorre un sacco di lavoro, al punto che secondo alcuni inserzionisti non ne vale la pena dal punto di vista dei costi.
Un dirigente di General Motors ha affermato che gli annunci pubblicitari su Twitter durante il Super Bowl hanno quasi raddoppiato i follower dell’azienda, ma ha anche aggiunto che gestire questo genere di campagna ha richiesto enormi risorse, anche perché un tweet di questo genere “non deve sembrare che provenga da una azienda” perché sia davvero efficace. Come riportato anche nell’articolo del WSJ, se un inserzionista vuole entrare in contatto con i suoi utenti/clienti per proporre loro qualcosa, può semplicemente interagire con loro tramite il proprio account Twitter, senza dover pagare nulla – e probabilmente questa è una delle cose più potenti che è possibile fare con i social media.
Facebook e Twitter riusciranno a dimostrare che il social advertising non è un ossimoro, ma un nuovo modo per portare un messaggio ai potenziali consumatori?
Liberamente tradotto da Twitter & Facebook share a problem: Proving social ads work, di Mathew Ingram.