Come valutare un sito web o un blog?

Come si calcola il valore di un’attività online, di una community, di un portale specializzato o verticale? Si fa un gran parlare di acquisizioni di portali, network di blog o di minisiti, social network, e-commerce: come si arriva al prezzo finale? Tralasciando la fase di scouting (individuazione del sito obiettivo) da parte del compratore, arriviamo direttamente alla fase di valutazione di cui si occuperà un professionista o un pool di esperti (dottori commercialisti o periti). Le difficoltà che si incontrano oggi nell’attribuire un valore ad una realtà che vive sul web sono legate alla natura intangibile di molti aspetti che la compongono. L’intangibile, per definizione, richiede una valutazione di tipo soggettivo, legata cioè anche alla discrezione del valutatore. Ciò non vuol dire che non esistano criteri e parametri, piuttosto che la loro applicazione è discrezionale. Se fino a qualche anno fa sembrava che si fosse teorizzato tutto sulle valutazioni aziendali, negli ultimi tempi è arrivato internet a seminare scompiglio tra ricercatori e studiosi. Le certezze sono fatte per crollare, ma si deve essere pronti nel fondarne di nuove e di moderne: è internet a chiedercelo. Per analizzare nel dettaglio la gestione di un progetto di valutazione ho dovuto, per necessità di cose, scegliere la prospettiva di un player: nel caso specifico quella del valutatore. Cercheremo di capire quali sono i principali parametri da considerare quando si valuta un sito web e di spiegarne criteri e casi d’uso.

OBIETTIVI

La valutazione di un sito internet va gestita come un progetto, il quale non prescinde mai dagli obiettivi. Gli obiettivi sono fondamentali per capire sia di quali criteri dobbiamo tener conto, sia del peso da assegnare ai singoli parametri. Un esempio: la valutazione pari a 3,1 miliardi di dollari di DoubleClick da parte di Google si sarà principalmente concentrata sul numero di clienti (quota di mercato) o sulla qualità del portafoglio dando quindi meno peso alla tecnologia ed al know-how dell’azienda: l’obiettivo non era, infatti, quello di entrare nel business dell’adv online (inutile il know-how) quanto quello di saturare il mercato e cannibalizzare la concorrenza (preziosa la quota di mercato). Esattamente il contrario sarà accaduto nel 2005 nel caso dell’acquisizione di Urchin (software di web analytics) sempre da parte di Google o nel caso di Paypal con Ebay nel 2002 per 1,5 miliardi di dollari. Fondamentale il know-how, irrilevante la quota di mercato (diverso il target, diverso il modello di business). Casi a mio avviso più interessanti sono proprio quelli in cui gli obiettivi sono sconosciuti o difficilmente comprensibili ai non addetti ai lavori: come hanno fatto rispettivamente Google e Microsoft a valutare prima e pagare poi ben 1,65 miliardi di dollari per YouTube e 240 milioni di dollari per appena l’1,6% di Facebook? La domanda nasce dal fatto che entrambe le piattaforme acquisite non hanno ancora un modello di business consolidato in grado di ripagare gli investitori in tempi ragionevoli. L’unica spiegazione che riesco a dare a queste acquisizioni sta nell’enorme valore economico assegnato (ma non ancora espresso) sia agli utenti sia ai contenuti da essi prodotti. Senza volerlo hanno fatto la loro prima comparsa nel post, due criteri di valutazione che ritroveremo più avanti: numero di utenti, know-how/tecnologia.

CRITERI DI VALUTAZIONE

I criteri di valutazione sono da considerarsi strettamente connessi alla natura del sito. Alcuni sono ereditati dall’economia tradizionale, altri sono nati con il mondo virtuale. Ho cercato di raggrupparne i principali secondo le tipologie più comuni di siti web:

  • Portali: testate editoriali, portali tematici o generalisti ma anche comparatori di prezzo (es. Excite)
  • Network di blog o di minisiti: insieme di siti di nanopublishing (es. Blogosfere)
  • Social network, social bookmarking e communities: piattaforme di condivisione, di microblogging, di bookmarking e di condivisione di file multimediali (es. Facebook)
  • E-commerce: vendita online di prodotti (es. e-Price)
  • Siti speciali: siti particolarmente innovativi o unici nel loro genere che non rientrano nelle tipologie sopra riportate (es. Paypal)

Ho poi ulteriormente classificato i criteri secondo la loro natura ottenendo parametri:

  • Statistici: riferiti a dati e rilevazioni di tipo quantitativo
  • Cognitivi: legati a valori puramente intangibili
  • Ambientali: connessi ed influenzati da fattori e percezioni di terze parti
  • Economici: di derivazione e natura economico-finanziaria

Criteri statistici, cognitivi, ambientali ed economici per valutare un sito web

Accessi unici: è un parametro fondamentale per avere il polso immediato dell’andamento di un sito. Gli accessi unici in fase di valutazione andrebbero letti e considerati nel medio/lungo periodo. Ciò per avere dati attendibili anche per eventuali calcoli prospettici (legati agli accessi futuri). Posizionamenti: non prendetelo come un pallino professionale ma l’importanza che questo parametro ha, è sempre più sentita. Sottolineo come un sito ben posizionato nei motori di ricerca racchiuda in sé altre valutazioni implicite quali: popolarità, qualità dei contenuti, assenza di spam o irregolarità di tipo tecnologico. Unica pecca di questo parametro è l’assoluta instabilità e scarsa attendibilità nel lungo periodo. Tasso di crescita: è il trend a cui mi riferivo sopra. Il dato singolo (accessi unici) poco rappresenta se non contestualizzato. Il trend di crescita, velocità e volumi, aiutano il valutatore a comprendere meglio la qualità di un sito web e soprattutto a stimarne profitti futuri (proiezioni). Impression: quando si parla di questo parametro è perché c’è di mezzo l’advertising. La maggior parte delle ultime acquisizioni, anche nostrane, sono state proprio dettate da questo dato. E’ semplice immaginare come le impression rappresentino la capacità di un sito (o network) di ospitare banner. Utenti/iscritti: è il parametro con cui, ad esempio, sembra sia stato valutato da Microsoft il Social Network Facebook con i famosi e contestatissimi 300$ per utente, oppure i 52$ pagati da eBay per ogni utente Skype o i 27$ sborsati da News Corp. (che fa capo a Murdoch) per gli allora 21 milioni di utenti di MySpace. Occhio a calcolare una percentuale di utenti fake. Management/Personale: è quello che in Economia si chiama Capitale Umano e che differisce dal punto successivo. In questo caso si tratta del valore di talenti e manager che in molte start-up web a basso capitale e ad alto livello di specializzazione, rappresentano il vero (e a volte il solo) valore. Know how/Tecnologie: l’insieme di conoscenze costituiscono in alcuni casi la vera ragione di acquisizione per molte realtà. Date un’occhiata alla lista degli acquisti di google. Vi sarà più chiaro come in molti casi sia convenuto acquistare start-up piuttosto che sviluppare internamente (è la logica imprenditoriale del “Make or Buy?”). Brevetti: l’importanza dei brevetti deriva dal valore economico che da essi se ne può trarre. Nella maggior parte dei casi si tratta di un vantaggio competitivo nei confronti della concorrenza e costituiscono una garanzia di originalità e protezione del business. Visibilità: guai a confondere la visibilità con il posizionamento! Il parametro visibilità è costituito da link, citazioni prestigiose, etc. Ciò indica in maniera indiretta la quota di mercato di un dato settore. Pensiamo, ad esempio, ai siti che sono fari o riferimenti assoluti nei relativi campi. Forza del Brand: è il parametro che stima la penetrazione di un Brand. Difficile da valutare, si fonda su percezioni o indagini di mercato. In questo caso la teoria tradizionale è abbastanza preparata. A parità di funzioni è il fattore che ci fa scegliere inconsapevolmente di utilizzare un servizio online, acquistare su di un e-commerce, iscriverci ad una community, piuttosto che ad altre. Vale anche il contrario: una cattiva reputazione online farebbe crollare drasticamente il valore di un’attività online. In questo parametro rientra anche il valore di un dominio particolarmente efficace (es. casa.it). Settore operativo: investireste su di una casa in un quartiere che si sta degradando o preferireste il quartiere in cui stanno aprendo la fermata della metropolitana? Investire in settori saturi (es. un nuovo YouTube, un nuovo Wikipedia) potrebbe rivelarsi una scelta infelice. Chi valuta deve tenere conto del contesto (e dello stato di saluto) in cui l’attività opera. Anzianità attività: il parametro “fattore età” rappresenta una maggiore garanzia sia della qualità e dell’attendibilità della valutazione, sia della bontà e della solidità del business. Il mondo di internet è relativamente giovane e per anziane sono da intendersi realtà anche di 3-4 anni. Anche in questo caso ci sono molteplici eccezioni: pensiamo all’assenza di piattaforme di social network fino a qualche anno fa. EBITDA: Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization, un parametro molto in voga nelle accademie (metodo di valutazione reddituale) che misura la redditività di qualsiasi realtà senza tener conto di interessi, tasse e ammortamenti su beni materiali e immateriali. Si usa spesso per la valutazione di siti web semplicemente perché trascura la componente patrimoniale (poche società internet hanno capannoni, impianti o terreni). Questo parametro abusato perché usato da solo e non accompagnato da moltiplicatori (che tengono conto dei nostri singoli parametri), è a mio avviso monco e riduttivo. Immobilizzazioni materiali: in alcuni casi le realtà più grandi tendono ad internalizzare alcuni servizi e ad effettuare acquisti importanti: sedi prestigiose, server-farm, etc. Tutti questi beni entrano nel computo di una valutazione complessiva.

CONCLUSIONI

Il post non ha la presunzione di rappresentare un trattato sulla valutazione, quanto quello di offrire spunti di riflessione sulla materia. Ovviamente il mio contributo è da considerarsi aperto ad osservazioni ed eventuali nuovi spunti. Autore: Andrea Serravezza (di SemperSeo.it) per il TagliaBlog.