Se c’è una bolla, deve trovarsi nell’allucinazione collettiva delle valutazioni sul traffico e audience – vedi il recente caso di The Huffington Post. L’acquisizione di AOL da 315 milioni di dollari significa un valore di 13 dollari per utente unico, che porta ad un ARPU di circa 1,20 dollari; numeri allineati con quelli di tutte le property Internet che operano nell’ambito delle notizie. HuffPo è un castello di sabbia digitale, basato su 3 pilastri: • una poderesa macchina che aggrega e ricicla circa 300 storie al giorno, prese da altri media • una modesta produzione di contenuti originali, che forma la base sulla quale migliaia di blogger (non pagati) dibattono • un flusso potente e ben gestito di celebrity story, prodotte grazie ai contatti che ha Arianna Huffington con Hollywood e gli ambienti politici della sinistra americana Incredibilmente, un membro dello staff di The Huffington Post ha reso pubblico il “modus operandi” del sito. In primo luogo, il processo di aggregazione: “Durante tutta la giornata, i redattori di HuffPo ricevono email da giornalisti, editori, pubblicisti e portavoce di varie organizzazioni e testate; fra questi The New York Times, The Washington Post, The Wall Street Journal, The Chicago Tribune, McClatchy Newspapers, the London Guardian, USA Today, CNN, MSNBC, ABC News, CBS News, C-SPAN, Time, Newsweek, Rolling Stone, The Atlantic e molti altri. Tutte le email chiedono la stessa cosa: “potresti valutare se pubblicare questo contenuto su The Huffington Post?” i redattori “separano il grano dalla pula”, e prendono i contenuti più “puntuali” e interessanti per il web, anche in funzione della specifica sezione sulla quale lavorano.” La maggior parte dei lavoro editoriale in HuffPo consiste dunque nel riconfezionare il lavoro di altri, pubblicando storie che hanno il solo scopo di generare commenti e post sui blog interni. In buona sostanza, gli editori degli articoli originali stanno offrendo a The Huffington Post la corda per impiccarli. Secondo punto: “Il contenuto originale che guida l’intero business, e l’aggregazione che porta i lettori all’interno del mondo di news e informazioni, contribuiscono a creare una architettura che consente a migliaia di altre persone di avere uno spazio nel quale scrivere, informarsi e avviare nuove conversazioni. Queste persone sono i blogger di HuffPo, che sgomitano sul sito per avere la possibilità di essere ascoltati. Se sei, per esempio, il responsabile comunicazione di NARAL, vieni pagato per il tuo contributo sull’Huffington Post… da NARAL: l’associazione ti paga uno stipendio per diffondere i suoi messaggi.” Come è ingenuo questo codice etico! In altre parole, a HuffPo non importa di diffondere il “messaggio” di lobby come NARAL, che scrivono all’interno di uno dei blog del sito. Quello che AOL ha acquistato è vapore. Circa il 35% degli utenti dell’Huffington Post arriva da Google, e atterra su contenuti ottimizzati in modo intelligente: storie prese in prestito da altri (che sono pure consenzienti), media che in larga parte generano blog e commenti. Questa macchina ha generato 28 milioni di utenti unici a Gennaio, numero che porta HuffPo molto vicino all’audience di New York Times/Herald Tribune (di circa 30 milioni di u.u.). Con una differenza fondamentale: ogni utente del sito web del NYT produce un ARPU di 11 dollari, dieci volte in più di uno dell’HuffPo. In base a questi valori, la versione digitale del NYT dovrebbe valere miliardi. Almeno questa è una consolazione. Liberamente tratto da The Traffic Bubble, di Frédéric Filloux.