Path è uno dei nuovi social emergenti. E’ un social network per dispositivi mobile (tipo Facebook ma solo per smartphone), e quindi quando accedi al servizio il tuo universo è molto limitato. Questa è la pagina su cui atterri quando ti colleghi via web:

Path

Nessun contenuto, a parte i “setting”. Non posso accedere ai contenuti creati col mio device, o a quelli creati da altri. Non posso nemmeno condividere i contenuti creati sul mio smartphone tramite web… e alla maggior parte degli utenti ciò sta bene. Come ho ucciso Internet Quanto ho visto per la prima volta Path qualche mese fa, non ci ho fatto caso. Ho pensato che le funzionalità fossero in beta, e che il problema fosse dovuto a quello. E così ho continuato ad usare il servizio. Ma alla fine l’impossibilità di condividere le cose sul web ha iniziato ad essere irritante, e ho capito che ero intrappolato nel baule di Path. E così ho smesso di usarlo. Quello che ho fatto è stato smettere di usare diverse altre app che giravano sul mio smartphone, ma non tutte. Ho continuato ad utilizzare l’app per Kindle, quella per gli MP3 di Amazon, Google Currents, Dropbox, Evernote, Facebook, Flickr, Foursquare… mi sentivo bene a prendere solo piccoli pezzi di web digeribile impacchettati dentro varie app. Non mi sono posto il problema di chiedere agli sviluppatori di rilasciare una versione web consultabile via browser in modo da poter scegliere con quale device accedere ai contenuti, senza preoccuparmi se esiste o meno l’app per quel telefono. Non ho battuto ciglio quando ho dovuto reinstallare tutte le applicazioni perché sono passato da un telefono ad un altro. E quando ho visto un device che non supportava l’app, non me la sono presa con lo sviluppatore ma ho accusato la piattaforma per non avergli dato il supporto. Ho optato per una maggior frammentazione in quello che dovrebbe essere disponibile a tutti perché dovevo avere l’ultimo gingillo della tecnologia, invece di pretendere che tutti avessero la stessa cosa e potessero lavorare insieme. Ogni volta che sul web non trovavo una feature, non ho cercato il modo di risolvere il problema ma mi sono detto: abbandoniamo il web e passiamo alle app. Non mi sono messo a cercare di capire i problemi di latenza, fotocamera, accelerometro, microfono, WiFi, GPS e Bluetooth. Invece ho cercato la via più facile, focalizzando lo sviluppo su una sola piattaforma (o su un numero molto limitato). Ogni volta che mi imbattevo in Facebook ho brontolato, ma non sono andato via. Ho continuato ad inserirci dentro contenuti, chiedendo solo che di averne indietro altrettanti. L’ho fatto perché è lì che ci sono i lettori, ed è lì dove potevo ottenere più utenti. Quando il mio provider ha deciso di mettere un limite alla banda che utilizzavo, non l’ho lasciato perché mi permetteva comunque di essere su una rete con la quale continuare ad usare il mio iPhone, iPad, Kindle e qualsiasi altro device. Ho brontolato su Twitter e ho scritto un post su Tumblr, ma non me ne sono andato. Quando i politici hanno iniziato a parlare di cose come la Net Neutrality o altre sigle strane come PIPA/SOPA/ACTA, non ho fatto molto per far capire che quello era un attacco nei confronti di Internet e che quindi minava la democrazia. Penso capirai che non sono stato l’unico a comportarsi in questo modo. La verità è questa: posso aver ucciso Internet… ma anche tu lo hai fatto. Ma è possibile resuscitarla? Come possiamo noi, dall’orlo del baratro, aiutare Internet ad essere un luogo dove chiunque, dalla grande azienda al singolo individuo, possa avere le stesse possibilità di sviluppare e creare la next big thing? A mio modo di vedere ciò che possiamo fare è combattere con gli strumenti che abbiamo, e il miglior strumento che abbiamo è la stessa Internet… e il nostro portafoglio. Vuoi i miei soldi? Bene, devi essere open. Vuoi mandarmi i tuoi messaggi pubblicitari? Bene, fai in modo che il tuo sito sia parte di Internet e non userò più il mio adblock per bloccare i tuoi banner. E cliccherei anche sui tuoi annunci se puntassero ad un sito che si trova nella parte open di Internet, ma li continuerò a bloccare se puntano dentro al tuo recinto. Vuoi propormi un abbonamento a qualcosa? OK, ma lasciati indicizzare dai motori di ricerca. Vuoi che installo un’app? OK, ma solo se le stesse funzioni sono disponibili anche sull’open Internet. E se c’è un limite nella tecnologia Internet, chiariscimelo e mostrami con chi posso lamentarmi, in modo da eliminare questo limite. Vuoi che condivida un link alla tua app o al tuo sito? OK, ma come posso condividere link da altri siti o app verso la tua app? Come faccio a far fluire il traffico in entrambe le direzioni – e fare in modo che i motori di ricerca o le persone non registrate possano vedere almeno una parte dei contenuti che condivido? Sei il produttore di un device? Ottimo. Ma devi lavorare con altri prodottori per assicurarti che ci sia uno standard per accedere via web al nuovo hardware che stai per mettere sul mercato. Sei una telco e hai difficoltà a coprire i costi della banda? Forse ti posso aiutare. Condividi TUTTI i dati (anonimi, ovviamente) su come viene utilizzata la tua rete dagli utenti, e sicuramente ci saranno dei geek che ti aiuteranno a trovare il modo di ottimizzare le cose. Sei un motore di ricerca? Ottimo. Se scopri che ci sono siti con intere aree non indicizzabili, evita semplicemente di indicizzare tutto il sito. Lavora con i tuoi concorrenti per creare delle black list, simili a quelle degli spammer. Se una azienda vuole stare su Internet utilizzando le sue regole, non è giusto che da Internet ne tragga tutti i vantaggi. Vuoi scrivere una legge riguardante l’uso o i comportamenti degli utenti su Internet? OK, ma mettila su un sito Internet pubblico e magari apri un Wiki per agevolare il dialogo e ottenere la partecipazione di tutti. Hai un sito sul lato open di Internet? Bene, prima di tutto grazie. Ma ricorda che lo strumento che abbiamo è proprio la stessa Internet: non linkare le pagine pubbliche dei siti chiusi e recintati. In realtà sarebbe meglio non parlare del tutto di loro, e rendere quindi più difficile trovarli. Sei solo un utente? Inizia a chiedere che Internet rimanga un luogo aperto, libero. Quando la tua Telco o il tuo provider inizia a parlare di chiusure e limitazioni, passa ad un altro provider. Quando i politici vogliono provare ad abusare di Internet, interpellali sulla questione. Fallo e rifallo. La lotta è lunga, ma ne varrà la pena. Non farlo per me. Non farlo solo per la libertà. Non farlo perché la precedente generazione di utenti ha lavorato duro perché Internet restasse libera. Fallo perché Internet è fantastica. Fallo per le prossime generazioni. Fallo per i tuoi amici. Fallo per te. Liberamente tratto da I killed the Internet, di Tristan Louis.