L'evoluzione di Google

Nel settore SEO, parliamo molto di Google e motori di ricerca in generale che diventano sempre più intelligenti, e per la maggior parte del tempo, proprio quello dovrebbe essere il nostro obiettivo. Il nostro lavoro è in balia dei motori di ricerca, e man mano che essi migliorano noi dobbiamo migliorare con loro. E questi maledetti migliorano moltissimo. Dal 2011 Google ha aggiornato il suo algoritmo 83 volte, e questo solo se si prende in considerazione il dato dei grandi cambiamenti, non gli innumerevoli aggiornamenti più piccoli che passano inosservati o non vengono neppure dichiarati. Questo significa che per 83 volte in 3 anni abbiamo dovuto modificare i nostri modi di lavorare, al fine di rimanere rilevanti. Non conosco molti altri settori che passano attraverso una simile fluttuazione. Alcuni, se non la maggior parte di questi cambiamenti, possono essere impercettibili per l’utente medio ma noi spendiamo tantissimo tempo a pensare a come questi utenti adattino il loro comportamento di ricerca ogni volta che Google fa un cambiamento. Loro non possono riconoscerlo, ma certamente noi dovremmo, perché proprio come il nostro lavoro cambia ogni volta che i motori di ricerca cambiano, deve cambiare anche al modificarsi del comportamento di ricerca degli utenti. A settembre, Mediative ha pubblicato un nuovo studio di eye tracking che mostra l’evoluzione delle SERP e come questo ha influenzato il modo in cui gli utenti scansionano i risultati della ricerca, e infine come decidono su quale risultato cliccare. Consiglio vivamente di scaricare l’intero studio, ma ecco qui i punti salienti:

Le SERP nel 2005

O in altre parole, l’anno del Triangolo d’Oro.

Il triangolo d'oro nelle SERP di Google

Nel 2005, se non foste stati tra i primi 3 risultati, probabilmente non avreste ottenuto alcun click. Gli utenti non scorrevano affatto la SERP. Avevano fiducia che tutto ciò che Google stava mostrando loro in prima posizione fosse la migliore opzione possibile. Gli utenti prima gravitavano verso l’angolo in alto a sinistra della SERP e scansionavano orizzontalmente per saperne di più su quello che c’era in quella lista specifica. Lunghi title descrittivi e meta descrizioni erano vantaggiose perché la gente voleva saperne il più possibile su quello che avrebbe trovato, prima di impegnarsi a cliccare.

Le SERP nel 2014

Ora, sembra più simile ad una “F”.

La F nelle SERP di Google

Invece di scansionare orizzontalmente, gli utenti si stanno muovendo più verso il basso nella pagina per trovare ciò che stanno cercando. Mediative ha suggerito che questo accade perché siamo in un’era in cui i dispositivi mobili ci hanno addestrato a eseguire la scansione in verticale piuttosto che in orizzontale: argomento valido, ma oltre a questo penso che le persone abbiano imparato a conoscere meglio Google nel corso degli ultimi 9 anni. Più hanno utilizzato il motore di ricerca, più hanno capito che quello che si presenta in prima posizione non è necessariamente, o esattamente, quello che stanno cercando. Ognuno di noi ha, almeno una volta, cliccato sul primo risultato per poi rendersi conto che non era affatto ciò che gli serviva. Delusioni così ripetute in circa 10 anni, possono avere naturalmente portato il pubblico a iniziare ad esplorare altre opzioni. Gli utenti sono molto più orientati alla ricerca di quanto non lo fossero nel 2005, e vogliono vedere tutte le opzioni il più velocemente possibile – dedicano circa 1,17 secondi di visualizzazione per ogni annuncio, secondo lo studio – prima di prendere una decisione, che può o non può essere la prima dell’elenco. Questa è un’ottima notizia per chi ha tanti posizionamenti e meno prime posizioni. Certo, il numero 1 dell’elenco sarà ancora quello che ottiene più click, ma la percentuale è sempre più uniformemente distribuita tra dal punti 2 a 4.

Il CTR nelle SERP di Google nel 2005 e nel 2014

Nel 2005, agli utenti veniva servito lo stesso formato di SERP praticamente per ogni ricerca che facevano. Ora invece vediamo più stili di SERP, compreso il Knowledge Graph, il Carousel, e le ricerche locali da tre o sette risultati – ultimamente Pigeon ha ridotto a 3/4 risultati il local SEO sulla SERP – gestite da Hummingbird, e gli utenti interagiscono un po’ diversamente a seconda del formato che si trovano di fronte. Secondo lo studio, gli utenti non sono in realtà molto attenti al Carousel (e gravitano in direzione dei risultati organici), e il Knowledge Graph può sottrarre click (ma solo se le informazioni che mostra sono rilevanti per la ricerca degli utenti). Vediamo un modello simile nell’elenco organico delle mappe inserite tra i risultati organici: indipendentemente da dove si trovano (sopra o sotto) i risultati organici, gli utenti passano più tempo sul primo annuncio della mappa locale. TLNHL: (Troppo Lungo, Non Ho Letto!) Che cosa significa per noi? Da questo, emergono 2 aree principali sulle quali dobbiamo focalizzarci, in base a come le persone utilizzano la SERP.

Ottimizzare i meta per qualcosa in più di semplici parole chiave

Se si dispone di solo 1,17 secondi per convincere un utente a fare clic su un profilo, bisognerà assicurarsi che i tag title e le meta descrizioni siano brevi, concise e vadano dritte al punto.

  • Usa termini che spingano all’azione all’inizio del tag title
  • Poni USP o CTA prima di ogni altra cosa nella tua descrizione meta
  • Se non hai bisogno di tutti i 55 o 155 caratteri, non li usare

Rendi la tua inserzione più attraente

Gli elementi visivi sono più attraenti del testo. Usali per abbellire l’annuncio e attirare più occhi e più click. Ovvero:

  • La gente ha bisogno di recensioni. Se le hai, contrassegnale con gli schema di classificazione a stelle nelle SERP
  • Usa immagini o video
  • Non è possibile ignorare Google+ perché i risultati saranno all’interno delle SERP se sono condivisi dai contatti di chi effettua la ricerca

Non basta quindi fare affidamento su una sola tattica. Il mese scorso discutevo coi miei colleghi proprio di come SEO e PPC hanno bisogno di lavorare insieme, e con i risultati rilasciati da Mediative questo è ancora più evidente. Gli utenti non ignorano gli annunci sponsorizzati. Se non altro, stanno prestando più attenzione a come Google silenziosamente li fa apparire sempre più come risultati organici. Il PPC fa si che il vostro marchio sia visto, anche se gli utenti non necessariamente cliccano su un annuncio. E’ tutta una questione di possedere spazio nelle SERP, quanto più possibile, sia per le query branded che non-branded, e il PPC è un componente chiave nel far si che questo accada. Cos’altro possiamo ricavare circa il comportamento degli utenti su una SERP, da poter integrare nelle nostre tattiche di marketing quotidiane? A voi la parola. Autore: Luigi Gambella di Sito WP, per il TagliaBlog.