Vorrei avanzare una ipotesi: nonostante tutto l’entusiasmo che circonda i social media, Internet non ci sta “connettendo” così tanto come pensiamo. E’ principalmente un luogo dove si stabiliscono connessioni deboli e artificiali, quelle che io chiamo “relazioni sottili”. Durante la bolla del subprime, banche e broker si vendevano l’un l’altro crediti inesigibili – debiti che non potevano essere riscossi. Oggi, i media “sociali” mercanteggiano connessioni di bassa qualità – legami che difficilmente producono relazioni significative e durature. Puoi chiamarle “relazioni inflazionate”. Nominalmente, hai molti più rapporti – ma in realtà pochi o nessuno ha valore. Così come l’inflazione svilisce il potere del denaro, l'”inflazione sociale” svilisce le relazioni. La stessa parola “relazione” viene svalutata. Dovrebbe significare qualcuno su cui puoi contare. Oggi significa qualcuno con cui puoi scambiare dei bit. Le relazioni sottili sono l’illusione di quelle reali. I rapporti reali sono basati sull’investimento reciproco. Io investo su di te, tu investi su di me. Genitori, figli, coniugi – tutti sono investimenti di cifre, tempo, soldi, conoscenze, attenzioni. Le “relazioni” al centro della bolla sociale non sono reali perché non sono basate su investimenti reciproci. Al massimo, sono segnate da qualche piccolo pezzo di informazioni o attenzioni qua e là. Ecco ciò che dà sostegno alla mia ipotesi. Fiducia. Se ci fermiamo alle apparenze, grazie ai social media il numero delle amicizie nel mondo è centuplicato. Ma ciò è accompagnato da un aumento della fiducia? Direi di no. Forse ci vorrà del tempo per vederne i vantaggi. Ma i social network sono già in giro da una decina d’anni, e la società non sembra essere tanto migliore. Perdita di potere. Se gli strumenti sociali avessero creato dei reali benefici economici, ci saremmo dovuti aspettare un “effetto sostituzione”. Avrebbero dovuto rimpiazzare – disintermediare – i potenti del passato. E invece, al contrario, danno loro sempre più potere. I tuoi social network preferiti non ti hanno liberato da agenzie PR, cacciatori di teste e altri tipi di broker. Anzi, ne stanno creando nuove legioni. La stessa Internet non toglie potere ai governi dando voce a chi non la ha; anzi, aiuta gli stati autoritari a limitare e circoscrivere la libertà abbattendo radicalmente i costi di sorveglianza e di polizia. Odio. C’è un vecchio tormentone: Internet va avanti grazie all’amore. Allo stesso modo, però, è piena di odio: odio irrazionale verso le persone vicine, i luoghi, o le cose solo un po’ “diverse”. Ultimamente hai letto i commenti di qualche sito di news? Di solito sono gigantesche pozzanghere di bile e vomito. Dai una occhiata a queste email di Floyd Norris: il “social web” oggi è sinonimo di “sparare alla gente in corsa”. Esclusione. Le persone si auto-organizzano intorno a gruppi ai quale piace qualcosa, ma raramente colmano i divari fra gruppi differenti. Eppure, è proprio in quel modo che iniziano le relazioni più preziose. Essere “amico” con altre 1.000 persone ossessionate dagli occhiali vintage anni ’60 non è amicizia – è solo condividere un singolo, solitario interesse. Valore. E’ la prova finale. Se le “relazioni” create su Internet fossero state di valore, forse le persone (o gli inserzionisti pubblicitari) avrebbero pagato per la possibilità di goderne. Eppure pochi, se ce ne sono, lo fanno – sempre e comunque. Al contrario, siccome le “relazioni” non hanno valore, le aziende sono costrette a cercare di monetizzarle in modi eticamente discutibili. Perché non sono relazioni. Io posso scambiare bit con pseudo-sconosciuti su tutti i siti possibili. Gli “amici” di questo tipo sono una merce – non un valore, o un bene insostituibile. Tre tipi di tumori stanno corrodendo la vitalità del web. In primo luogo, l’attenzione non è allocata in modo efficiente; le persone trovano cose di poco valore rispetto ai loro veri interessi. In secondo luogo, le persone investono in contenuti di bassa qualità. Farmville non è esattamente Casablanca. Terzo, è più dannoso di tutti, è l’indebolimento di Internet inteso come “forza del bene”. Non sempre è Farmville (che non è Casablanca), ma nemmeno sempre è Kiva. Uno dei migliori esempi della promessa dei social media è Kiva, che assegna micro-crediti in modo significativo. Per contro, Farmville è in gran parte inutile, da un punto di vista sociale. Non si creano persone migliori; si creano solo inserzionisti migliori. Riassumiamo. Dal lato della domanda, l’inflazione delle relazioni crea l’effetto dei concorsi di bellezza, dove come ogni giudice vota per il concorrente che gli altri giudici pensano sia il migliore, le persone trasmettono quello che pensavo che gli altri vogliono. Dal lato dell’offerta, l’inflazione delle relazioni crea l’effetto delle gare di popolarità, dove le persone (e gli artisti) lottano per ottenere una immediata e viscerale attenzione – invece di fare cose fantastiche. I social non sono concorsi di bellezza o gare di popolarità. Sono una distorsione, una caricatura della realtà. Si tratta di fiducia, di connessioni, di comunità. C’è troppo poco nel panorama mediatico attuale, a dispetto di tutto il trambusto che circonda gli strumenti sociali. La promessa di Internet non era quella di gonfiare le relazioni senza aggiungerci profondità, risonanza e significato. Era fondamentalmente di “riconnettere” persone, comunità, società civile, imprese e stato – attraverso relazioni più dense, forti e significative. Ecco dove il futuro dei media mente. Liberamente tradotto da The Social Media Bubble, di Umair Haque.