Marketing del Disagio

Qualche settimana fa, esasperato a causa dei continui malfunzionamenti della mia ADSL, essendo risultati vani i tentativi di sanare il problema tramite call center, ho provato a contattare l’assistenza dell’azienda che eroga il servizio tramite pagina Facebook. Non ho risolto nulla, ovviamente… Il giorno successivo, accedendo alla sezione “Privati” del social network, mi sono accorto, per puro caso, di avere diverse “Richieste di messaggi” (messaggi, cioè, di persone che non sono amici in Facebook), alcune di anni fa, un’altra recentissima. Eccola:

Richieste di messaggi via Facebook

Di primo acchito si è subito attivato quell’automatismo di difesa, una sorta di bip nel cervello, quasi come quello che si sente in macchina quando non si allaccia la cintura e mi son detto: “si tratta di spam, cancella quel maledetto messaggio!” Poi, però, la razionalità ha prevalso, l’ho letto e riletto ed ho cambiato idea: l’ho trovato ingegnoso e vi spiego il perché. In effetti soddisfa una delle principali leggi del Marketing: “tu individuo hai un problema, io ti offro una soluzione”. In pratica un utente prova un certo disagio nell’uso di un certo servizio (nella fattispecie a fee mensile e facilmente sostituibile con un altro), sta tentando di sanare il problema, quando gli arriva una soluzione alternativa, acquistarne un altro in sostituzione. Con una strategia accorta, insomma, è possibile trasformare quell’individuo in un potenziale cliente. Come? Lo si convince o gli si fa credere (perché, alla fine, almeno in questo frangente, non vi è alcuna certezza che affidarsi ad un’altra società risolva il problema) che la migliore soluzione sia il cambio di fornitore! E questo è lo scopo di detto messaggio: stimolare l’utente insoddisfatto di una compagna telefonica a sostituirla con un’altra promettendogli se non un servizio migliore, perlomeno un’assistenza più efficace. Veniamo al messaggio, come dicevo a me sembra scritto bene (presumo sia uno script). L’incipit “scusa se ti disturbo” è molto importante, perché affievolisce quel meccanismo di cui parlavo prima, il riflesso condizionato di cancellarlo perché considerato spam. Il gergo è colloquiale (inizia con “Ciao”, nome utente), il che aiuta. Tre paragrafi su quattro contengono delle frasi che inducono a pensare chi legge di avere il totale controllo della situazione: “Scusa se ti disturbo…” (primo paragrafo), “Se ti va ci possiamo sentire” (terzo paragrafo), “Spero di sentirti presto” (call to action finale). Ora con me non ha funzionato: ho le idee piuttosto chiare su come funzionano le ADSL e, soprattutto, sulle aziende che offrono tale servizio. Ritengo, però, che con categorie di utenti meno esperti sull’argomento tale strategia commerciale potrebbe essere efficace. Certamente la migliorerei in ogni caso! Come? Sicuramente non invierei un messaggio privato (soprattutto ad un “non amico” in Facebook) che finisce in una zona in cui, 9 volte su 10, un utente non accede… Userei un’altra strada, cinica se volete, ma sicuramente più efficace: chiederei l’amicizia all’utente in questione! E sarò ancora più cinico e immorale, utilizzerei un account fake con una foto di una persona di aspetto molto gradevole (ma non eccessivamente, altrimenti è facile che venga percepita come falsa): due account distinti, uomo e donna, da usarsi in base all’esigenza… Per un paio di giorni rimarrei in ascolto, piazzerei qualche mi piace su argomenti non necessariamente connessi al disagio dell’utente, in modo tale da essere considerato uno dei tanti nuovi amici virtuali che, per un certo periodo di tempo, vedono qualsiasi cosa tu scriva e, al momento opportuno, sferrerei l’attacco. Molto probabilmente l’utente in questione si lamenterà nuovamente del disagio e sarà quindi possibile proporre il cambio di operatore anche pubblicamente. Altrimenti si ricorre al privato, però quello tra amici! Non si può, io credo, proporsi commercialmente da subito in quanto l’utente in questione potrebbe insospettirsi e capire che l’unico vostro scopo è quello di vendergli qualcosa. Servono due, tre messaggi… In ogni caso bisogna fargli percepire che si è realmente interessati al suo disagio e, solo in seconda battuta, proporgli la soluzione definitiva, o presunta tale. A quel punto sta a voi: se il servizio che gli fornite è eccellente, resterà vostro cliente per tutta la vita, in caso contrario, ehm, meglio non parlarne… Lo stesso meccanismo, tutto sommato, si può applicare anche in altri luoghi virtuali, forum, siti che recensiscono prodotti, sezioni commenti ed esperienze di acquisto di E-Commerce. O per meglio dire si può partire da quei siti e, in diverse occasioni, incrociando un po’ di dati, si può giungere al profilo di Facebook che nel 99% dei casi contiene il nome reale dell’individuo che manifesta il disagio. Lo ribadisco, si tratta, forse, di una pratica non propriamente etica, però, perdonatemi, ritorniamo a Facebook, molti utenti cercano effettivamente amicizie al solo scopo di discutere amabilmente di svariati argomenti, ma molti altri, soprattutto professionisti e responsabili social di aziende tessono rapporti con altri utenti con un unico scopo: garantire visibilità ai prodotti e servizi da loro venduti. E non è detto che questi ultimi, gli utenti a cui viene chiesta l’amicizia intendo, ne siano consapevoli. E quindi mi chiedo e vi chiedo, c’è poi molta differenza tra questo metodo di crearsi business, ritenuto da tutti legittimo, e quello che ho immaginato nei paragrafi precedenti? Autore: Enrico Ladogana, per il TagliaBlog.