Sul numero dell’Espresso in edicola in questi giorni c’è un pezzo di Carola Frediani dal titolo “Huffington Post all’italiana“, che prova a rispondere alla domanda se possa o meno funzionare, in Italia, il modello di un sito di news che negli USA è stato valutato 300 milioni di dollari. La Frediani, prima di pubblicare l’articolo, mi ha scritto chiedendo anche un mio piccolo parere sulla vicenda, e devo ammettere che ho trovato molte difficoltà a dare una risposta precisa e circostanziata al suo quesito. Per riuscire a fare i conti in tasca ad un quotidiano online è infatti necessario avere in mano parecchi dati, molti dei quali estremamente variabili (e molti dei quali sconosciuti, o che comunque non vengono rivelati dai diretti interessati: ecco perché a suo tempo sparai un po’ a casaccio i costi e i ricavi de Il Post). Fra questi: • numero di pagine visualizzate al mese • numero di banner per pagina • tipologia dei formati pubblicitari diversi dai banner (es.: sfondo personalizzato del sito, DEM, newsletter…) • tipologia dei contenuti del sito • CPM In particolare gli ultimi 2 fattori sono estremamente legati fra loro, e sono in grado di spostare considerevolmente le revenue di un sito (a parità di tutti gli altri parametri). Fra i costi abbiamo invece il “costo per contenuto” (in un’epoca di content farm potrebbe essere di qualche euro ad articolo, ma c’è chi preferisce servirsi di giornalisti/pubblicisti con stipendio fisso), quello dell’affitto di una sede (il telelavoro è un classico, ma alcune testate online preferiscono avere una sede “fisica”, con tutte le bollette del caso) e quello di dominio/hosting/banda (che può variare parecchio in base alla quantità di traffico che il sito riceve). Anche in questo ambito, la massima variabilità sembra dunque essere la regola. Infine – cosa che pochi valutano come importante ma è invece oggi un problema immane – NON è assolutamente facile acquisire traffico e utenti fidelizzati in un ambito competitivo come quello delle “notizie orizzontali”. La coperta corta del tempo speso online può infatti coprire i piedi o le spalle, ma non entrambi: se aggiungo una fonte ai miei bookmark o al mio feed reader probabilmente ne toglierò un’altra, oppure passerò meno tempo su tutt’e due. Pertanto, per riuscire a far decollare un sito di news nel 2011 non basta solo scrivere bene e in un modo “SEO-friendly”, ma occorre investire parecchio tempo (e denaro) in iniziative promozionali di vario genere: per emergere (e poi sopravvivere) nell’arena dei quotidiani online, bisogna inevitabilmente rosicchiare la fetta di torta di qualcun’altro, il quale cercherà a sua volta di rosicchiare la tua.