Leggi

Leggi (in greco ฮฯŒฮผฮฟฮน) รจ il titolo dell’ultima e piรน lunga opera di Platone. Rimasta incompiuta, fu pubblicata postuma dal discepolo Filippo di Opunte, che la divise in dodici libri e ne aggiunse uno finale, l’Epinomide. In questo dialogo, in cui non compare piรน il personaggio di Socrate, Platone allarga la propria prospettiva dalla singola cittร  all’ordine divino presente nel cosmo, del quale l’ordine politico รจ solo una parte piรน piccola e subordinata. Inoltre, viene generalmente riconosciuto alle Leggi il tentativo di proporre un modello politico piรน aderente alla realtร . Secondo il filosofo, รจ di fondamentale importanza evitare il conflitto tra le classi sociali, e proprio a questo fine hanno un ruolo fondamentale le leggi di uno Stato. Esse hanno una duplice funzione: costrittiva, cioรจ prescrivono quale debba essere la condotta migliore per un buon cittadino; educativa, cioรจ educano i giovani che saranno i cittadini futuri. Platone sostiene che vadano istituite anche sanzioni, che devono essere viste come uno strumento atto a correggere gli errori commessi dall’individuo. Le leggi sono intese come esplicitazione dell’intelligenza, rendendo manifesta la continuitร  con quanto affermato nei dialoghi della vecchiaia (in particolare nel Parmenide, nel Teeteto e nel Sofista). D’altra parte, perรฒ, la preminenza della legge sull’attivitร  del politico allontana le Leggi dalle tesi esposte nella Repubblica e nel Politico: mentre nella produzione precedente il politico era sopra la legge, nel suo ultimo dialogo Platone lo pone come custode delle norme e dell’ordinamento giudiziario.