traffico

Torno anche oggi su un tema ricorrente da queste parti, oserei dire un tormentone, perché una delle domande che continuano a farmi più spesso è:

Quanti utenti unici (o quante pagine visualizzate) fa il tuo blog?

Chi mi pone il quesito pensa di riuscire a capire quanti soldi posso guadagnare col blog in base a parametri come visitatori e pageview. Altri guardano addirittura ai commenti, al numero di like che ottiene il singolo post, o più in generale di condivisioni sui social, per cercare di estrapolare la popolarità o il successo del blog… oltre al fatturato, ovviamente. Queste persone sono come i ragazzini che guardano i contachilometri delle auto o delle moto in sosta per vedere la velocità massima, senza curarsi di tutte le altre caratteristiche e peculiarità del mezzo. Purtroppo sul web siamo ancora a questi livelli, dove ben pochi si interessano all’unica cosa importante (che difficilmente è visibile dall’esterno): le conversioni.

Conosco editori che fanno milioni di pagine per arrivare a mettersi in tasca 4 euro in croce. Spendono parecchi soldi nell’infrastruttura hosting per mantenere tutta la baracca, e altrettanti per pagare i redattori che scrivono gli articoli. Ma quando tirano la riga a fine mese, fra costi e ricavi faticano ad arrivare in pari.

Sì, perché fare tanto traffico costa. Se hai un sito che riceve un sacco di visite, non può stare su un server da 20 euro all’anno. E se non riesci ad incanalare questi visitori in un bel funnel, ovvero se non riesci a metterli all’interno di un percorso che culmina con un’azione economicamente rilevante, stai solo lavorando per la gloria (soprattutto se pensi/speri di campare solo con le revenue dei banner).

E poi ci sono invece altri siti/blog che, in proporzione, fanno soldi a palate. Spesso sono gestiti da una sola persona, da un one man show. Spesso contengono un ristretto numero di articoli/post, tutti evergreen. Ma ogni singolo contenuto è pensato per fare conversioni. Ogni singola pagina è pensata come una landing page. All’osservatore distratto (o ignorante) può sfuggire la cura metodica che hanno i singoli post, ma sono tutti studiati a tavolino in modo maniacale. Nascono da una keyword research attenta, che riesce ad intercettare query di tipo transazionale.

Intendo dire che gli articoli non nascono “a caso”, o per il puro gusto di scrivere, ma sono pensati e strutturati solo ed esclusivamente per gli utenti che fanno ricerche sui motori con un intento a sfondo economico. In proporzione fanno poco traffico, ma buonissimo. Lato SEO – on page e off page – sono ineccepibili, e si sviluppano in un percorso di persuasione che porta il lettore verso una o più call to action, verso “azioni pesanti” che vanno spesso ben al di là del click su un annuncio AdSense. Solitamente sono collegati ad affiliazioni da decine o addirittura centinaia di euro per singola conversione (ebbene sì, alcuni settori sul web permettono di ottenere revenue di questo tipo).

Per farla breve: ci sono personaggi che da soli (o quasi) hanno messo in piedi dei network di money blog (o se preferisci PBN) che generano migliaia di euro al mese, strutture che – una volta avviate – richiedono una manutenzione molto limitata. E altri che invece si ammazzano di lavoro per gestire siti complessi dove pubblicano decine di news al giorno, dove fra la gestione dei collaboratori e quella degli utenti c’è da uscire pazzi, ma alla fine della fiera il risultato è molto simile a quello del criceto che gira sulla ruota.

Max Valle

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