Si dice spesso che “la carta è morta”, e che “il futuro è mobile“. C’è addirittura chi afferma che “la battaglia fra web e mobile è finita, e il mobile ha vinto”. Eppure, come già evidenziai più di un anno fa, il mobile cresce ma non porta revenue pubblicitarie: negli “Internet Trends” del 2012 si osservava un tempo speso sul mobile pari al 10%, contro il 7% della stampa (che però raccoglieva ben il 25% degli investimenti pubblicitari, rispetto al ridicolo 1% del mobile).
Qualche giorno fa è tornato su questo spinoso tema il Financial Times, in un pezzo dal quale emerge che i moribondi (si fa per dire) quotidiani cartacei registrano un CPM 39 volte superiore al mobile, 11,5 volte superiore ai tablet e 10,8 volte superiore agli annunci pubblicitari che girano dentro ai nostri desktop: il mobile sarà anche di tendenza, ma non porta soldi agli editori.
Gli investimenti in pubblicità mobile sono pari a 6,5 miliardi di dollari, ma anche se la cifra può suonare importante è solo l’1,3% delle total advertising revenue, secondo MagnaGlobal. E nei prossimi 5 anni la crescita sarà di soli altri 2 punti percentuali. In compenso, aumenta di molto il tempo speso ad utilizzare questi dispositivi: tutti gli altri media rimangono sostanzialmente piatti, mentre le ore passate a trastullarci dentro un device mobile sono in crescita quasi verticale (e lo saranno ancora per diversi anni). Ed è proprio questa crescita di tempo e utenti, secondo il FT, ad essere negativa per il mercato: avrebbe infatti creato un eccesso di offerta, provocando la caduta del CPM a livelli ridicoli.
Pare che le trattative nella compra-vendita di annunci pubblicitari sul mobile inizino subito con una richiesta di sconto di almeno il 50% sul prezzo base. Il problema sembra nascere dalla totale mancanza di innovazione nella pubblicità su piccoli schermi: se già il passaggio quasi speculare da carta a web è stato mal digerito, spostare un banner da web a mobile risulta non più accettabile.
Una strisciolina colorata all’interno di uno schermo di pochi pollici è troppo piccola, noiosa, fastidiosa e inefficace nel trasmettere un messaggio emotivo. In uno smartphone (e anche in un tablet) andrebbero sfruttate maggiormente cose come il touchscreen, le funzionalità di localizzazione, o lo strumento video (che pare arrivi a pagare $25 CPM). Un po’ come ha sapientamente miscelato Apple nel suo iAd. O forse la via è quella della già più volte citata native advertising: BuzzFeed, che fa circa il 40% di traffico via mobile, vende ormai da mesi contenuti sponsorizzati, che in breve tempo sono diventati il fulcro del modello di business del sito.
E anche Sheryl Sandberg di Facebook ha definito le sue Sponsored Stories come la “pietra angolare” della strategia pubblicitaria dell’azienda, che ha nella fruizione via mobile la maggior percentuale di utenti (e che grazie a quei dispositivi inizia a macinare revenue interessanti). Il futuro sarà dunque mobile, e senza l’ombra di un banner. Ma pieno zeppo di contenuti promozionali, pubbliredazionali e marchette varie.