Alla luce delle percentuali d’uso di AdBlock e dell’imminente lancio di iOS 9 (che includerà, nativamente, un sistema per bloccare i banner), voglio chiedermi oggi quali soggetti riusciranno a far soldi vendendo (o mostrando) pubblicità su Internet negli anni a venire, visto lo scenario non troppo allegro. E chi invece resterà, inevitabilmente, col cerino in mano.
Il più famoso motore di ricerca fa la maggior parte del suo fatturato con la pubblicità online, con l’accoppiata AdWords/AdSense insomma. “Annunci pubblicitari sui siti di Google” è infatti la prima fonte di reddito da diversi anni a questa parte, distanziando le altre di un abisso (qui sotto i dati del 2009: oggi Google fa molti più soldi di allora, ma le percentuali rimangono più o meno simili).
Ciò significa che il fatturato arriva dalle pubblicità esposte DENTRO il motore di ricerca, all’interno del quale i banner ricevono ancora un buon numero di click (almeno stando ad una ricerca di AccuraCast di un paio d’anni fa, che parla di un CTR attorno al 7% per la posizione più alta):
Drammatica invece la percentuale di click sui banner se calcolata a livello più generale. Parliamo di una media dello 0,09%, in pratica meno di 1 click ogni 1.000 impression:
E i dati qui sopra NON vengono da qualche associazione di consumatori, ma da un report che proprio Google e DoubleClick pubblicarono 4 anni fa. Ecco spiegato il motivo per cui Google sta spingendo su concetti come Active View o Viewability, che puntano a misurare i banner realmente visti dall’utente sul sito web, allontanando il focus da quelli cliccati. Riassumendo: Google campa principalmente con la pubblicità presente nel motore di ricerca, che tra l’altro è enormemente più cliccata rispetto a quella presente fuori dalle SERP. E inoltre ODIA gli advertorial (fatti male), lasciando quindi agli editori ben pochi margini di manovra: banner che rendono sempre meno, e spettro della penalizzazione per pubbliredazionali “non a norma”.
Chi invece sembra aver “trovato una quadra” per monetizzare con la pubblicità, è proprio Facebook. Onestamente ho perso il conto di tutti i formati pubblicitari che Facebook ha lanciato (e, in alcuni casi, ritirato) nel corso degli ultimi anni.
Sta di fatto che sono riusciti a sfruttare al meglio 2 trend emergenti: quello del mobile (che per Facebook è oggi la principale fonte di revenue e di traffico), e quello della native advertising, la promozione di un prodotto/servizio perfettamente integrata nel flusso dei contenuti (e quindi, spesso, quasi indistinguibile da questi). Di conseguenza Facebook potrebbe assorbire, molto meglio di Google, il colpo dato dalla crescita impetuosa di AdBlock & Co., visto che i suoi annunci pubblicitari si discostano sempre più dai vecchi e moribondi banner. E sembra anche molto più avanti di Google dal punto di vista del “cavare soldi dal mobile” (settore dal quale arrivano sempre più traffico e visite).
Editori
Quelli che invece sono impantanati in mezzo al guado, sono gli editori. Il CPM e il CPC cala costantemente, i banner non vengono né visti né cliccati, e – di conseguenza – sui siti editoriali aumentano i formati fastidiosi, gli unici che portano soldi.
E’ un cane che si morde la coda: l’editore guadagna poco con i classici banner statici/testuali, e allora mette popup, intropage, video a pieno a schermo e altri formati interruttivi e irritanti. Sempre più lettori installano quindi AdBlock, non vedono la pubblicità e l’editore guadagna ancora meno. Aumenta allora ulteriormente l’uso di formati invasivi, mentre nuovi lettori bloccano i banner con strumenti ed estensioni di ogni tipo. Non se ne esce (anche se qualcuno si sta buttando su pubbliredazionali e affiliazioni, per provare a diversificare e tirare qualche boccata d’ossigeno).
BuzzFeed
Chi invece ha capito come fare un mucchio di soldi facendo l’editore online, è BuzzFeed. Ma attenzione: a mio modesto parere, BuzzFeed NON è un vero e proprio editore, perlomeno secondo i canoni che abbiamo in testa noi. E’ vero, è un sito che pubblica un sacco articoli, che hanno un gran successo su Facebook (merito di un perfetto mix fra contenuti virali e tecniche di clickbait). Pare anche che acquisti un sacco di traffico, tramite pubblicità, proprio da Facebook. Ma BuzzFeed è un’altra cosa. Si autodefinisce “una società di social news e di intrattenimento… che ridefinisce la pubblicità online con una tecnologia editoriale atta a veicolare i contenuti sui social… e fornisce le breaking news più condivisibili.” In altre parole, all’inserzionista che si presenta da BuzzFeed non verrà MAI proposto un banner. Sul sito di BuzzFeed NON ci sono banner, o almeno non mi è mai sembrato di vederne uno. BuzzFeed vende all’inserzionista visibilità. Una ENORME visibilità. BuzzFeed inventa campagne virali, integrate nei contenuti del suo sito, usando spesso video virali, in grado di raggiungere milioni di persone grazie alla potenza di fuoco di Facebook. Persone alle quali, molto probabilmente, questi contenuti piacciono davvero tanto, e che quindi mai si sognerebbero di bloccare con AdBlock. Un esempio? Il famoso video “Dear Kitten” prodotto per Friskies (che ha totalizzato in breve tempo oltre 20 milioni di visualizzazioni):
Questo ti fa capire perché BuzzFeed ha ricevuto ad oggi quasi 300 milioni di dollari in 6 diversi round di finanziamento. E anche perché un colosso della pubblicità del calibro di GroupM ha deciso di siglare con BuzzFeed una partnership della durata di un anno, proprio pochi giorni fa. Mostrare alle persone giuste il messaggio (pubblicitario) giusto, questo riesce a fare BuzzFeed. Mentre gli altri editori sono ancora fermi al concetto di buttare palate di banner su utenti che cercano in ogni modo di schivarli…