Nel 1995, mentre internet iniziava timidamente a diffondersi in Italia, yahoo era già un nome che risuonava tra i pionieri della rete. Ma pochi sanno che yahoo.it, il dominio italiano del celebre motore di ricerca, ha una storia sorprendente che affonda le radici nei primi giorni del web italiano. Questa è la storia autentica di come venne registrato yahoo.it, di chi c’era dietro quella registrazione, e delle lezioni che ancora oggi possiamo trarre da quell’episodio. Un racconto che intreccia ingenuità, speranza e le prime battaglie legali per i domini internet, quando il cybersquatting non aveva ancora nemmeno un nome.
Quella che state per leggere non è solo una cronaca storica: è la testimonianza diretta di chi ha vissuto quegli anni pionieristici, quando registrare un dominio significava costruire il futuro di internet in Italia. E le lezioni di allora sono sorprendentemente attuali per chiunque oggi lavori con strategie digitali e asset online.
Internet in Italia nel 1995: il contesto di un’epoca pionieristica
Per comprendere appieno la storia di yahoo.it, dobbiamo tornare indietro al 1995, un’epoca in cui internet in Italia era ancora un territorio inesplorato. Mentre negli Stati Uniti la rete stava già vivendo il suo primo boom, nel nostro paese i collegamenti avvenivano attraverso modem 14.400 bps, la navigazione era un lusso per pochi appassionati, e i domini .it erano una novità relativamente recente.
Il dominio .it era nato ufficialmente il 23 dicembre 1987, quando il CNR di Pisa registrò il primo nome a dominio italiano: cnuce.cnr.it. La gestione del country code top level domain (ccTLD) italiano venne affidata al Consiglio Nazionale delle Ricerche grazie alle competenze tecniche dei suoi ricercatori, tra i primi in Europa ad adottare il protocollo IP. Secondo i dati storici dell’Istituto di Informatica e Telematica, nel 1995 i domini .it registrati erano appena qualche migliaio, una goccia nell’oceano rispetto ai milioni di oggi.
In quel periodo, la registrazione dei domini era ancora gratuita o quasi. Solo nel 1995 la National Science Foundation negli Stati Uniti iniziò a far pagare circa 50 dollari all’anno per i domini .com, ma in Italia il processo era ancora gestito attraverso procedure macchinose che richiedevano competenze tecniche specifiche. Non esistevano le piattaforme di registrazione automatizzata che conosciamo oggi: ogni dominio richiedeva configurazioni DNS manuali, contatti con hosting provider internazionali come Hurricane Electric, e una buona dose di pazienza.
Il web italiano dell’epoca si navigava principalmente con Netscape Navigator, ci si connetteva tramite Trumpet Winsock, e la posta elettronica passava attraverso client come Eudora. I motori di ricerca come li conosciamo oggi non esistevano ancora: Google sarebbe arrivato solo nel 1998. In questo panorama, Yahoo! rappresentava una delle poche guide organizzate per navigare il caos del web nascente. Il servizio era accessibile inizialmente all’indirizzo www.stanford.edu/yahoo, una sottocartella dell’università dove i fondatori David Filo e Jerry Yang avevano iniziato il loro progetto come studenti.
Yahoo!: dalla roulotte di Stanford al dominio del web
La storia di Yahoo! inizia nel febbraio 1994, quando due studenti di ingegneria elettrica dell’Università di Stanford, David Filo e Jerry Yang, decisero di creare un elenco di link per tenere traccia dei loro siti web preferiti. Quello che iniziò come un semplice hobby personale si trasformò rapidamente in qualcosa di molto più grande. Il nome iniziale del progetto era “Jerry and David’s Guide to the World Wide Web” (la guida di Jerry e David per il World Wide Web), un titolo decisamente meno accattivante rispetto a quello che sarebbe venuto dopo.
Il nome Yahoo! è un acronimo che sta per “Yet Another Hierarchical Officious Oracle” (ancora un altro fastidioso oracolo gerarchico), ma secondo i fondatori fu scelto anche per il suo significato letterale in inglese: una parola che evoca entusiasmo e selvaggia libertà, ispirata ai brutali e selvaggi Yahoo del romanzo “I viaggi di Gulliver” di Jonathan Swift. Filo e Yang lavoravano in una roulotte che fungeva sia da casa che da ufficio, passando notti intere davanti ai computer in jeans e infradito, l’uniforme non ufficiale della Silicon Valley nascente.
La crescita di Yahoo! fu esponenziale. Nel primo anno d’attività, il sito raggiunse il milione di contatti e centomila visitatori unici mensili, numeri impressionanti per l’epoca. La maggior parte degli utenti erano professionisti che utilizzavano Yahoo! per migliorare le proprie prestazioni lavorative, cercando informazioni tecniche e risorse specializzate. Il successo attirò l’attenzione di Sequoia Capital, società di venture capital già nota per aver finanziato Apple, Atari, Oracle e Cisco Systems.
Nell’aprile 1995, con un investimento iniziale di 2 milioni di dollari, venne fondata ufficialmente la società Yahoo! Inc. I due fondatori assunsero Tim Koogle come CEO e Jeffrey Mallett come COO, costruendo un team manageriale che sarebbe diventato leggendario nella Silicon Valley. Un anno dopo, nell’aprile 1996, Yahoo! si quotò in borsa con un’IPO che raccolse 33 milioni di dollari dalla vendita di oltre 2,5 milioni di azioni. Nel giro di una notte, Filo e Yang erano diventati milionari.
Alla fine degli anni ’90, la homepage di Yahoo! era la pagina più visitata del web mondiale. Il servizio si era espanso ben oltre il semplice motore di ricerca, offrendo Yahoo! Mail, Yahoo! Messenger, Yahoo! Finance, Yahoo! News e decine di altri servizi verticali. L’espansione internazionale era in pieno svolgimento, con versioni localizzate in diverse lingue e paesi. Ma in Italia, nel 1995, digitando www.yahoo.it non si otteneva ancora nulla: il dominio era libero, in attesa che qualcuno lo registrasse.
Quel giorno che registrai yahoo.it: la storia completa
Quella che segue è la storia autentica scritta da Davide Pozzi, protagonista di questo episodio del 1995. Una testimonianza diretta che ho deciso di preservare integralmente, perché rappresenta un pezzo importante della storia di internet in Italia.
La storia
Questa è una storia che in pochissimi sanno. Si tratta di un episodio del lontano 1995 (se la memoria non mi inganna…), epoca nella quale Internet iniziava timidamente a diffondersi nel Bel Paese, ed è scritto solo per dimostrare quanto ero ingenuo, poco furbo (o sognatore?) all’età di 26 anni.
Già allora passavo la maggior parte della mia giornata immerso in Internet, usando Trumpet Winsock (per connettermi), Eudora (per l’email) e Netscape (come browser). Non facevo ancora il consulente SEO, anche perché Google non esisteva e i motori di ricerca stavano emettendo i primi vagiti.
Allora utilizzavo spesso Yahoo!, del quale ricordo era attiva anche l’URL www.stanford.edu/yahoo (sembra incredibile pensare che un motore così famoso avesse come indirizzo una sottodirectory di una università, ma tant’è). Yahoo! iniziava pian piano a diffondersi in vari stati e in varie lingue, ma non in italiano: digitando www.yahoo.it non si otteneva un bel nulla, il dominio non era registrato.
Proprio così, nel 1995 esistevano ancora milioni di nomi a dominio interessanti (e soprattutto liberi), e ancora oggi penso che se avessi investito qualche centinaio di mila lire (allora non c’erano gli euro…) in qualche bel dominio (anziché in un router Cisco 2511 con 16 modem 14.400, collegati ad una CDN 64K), magari a quest’ora sarei ricco… ma le cose andarono diversamente.
Come dicevo, yahoo.it non esisteva, né come sito, né come dominio. Mi venne quindi la malsana idea di registrarlo. Contattai un caro amico, F.F., il quale già allora aveva uno spazio web su Hurricane Electric (e al quale, fra l’altro, avevo venduto pochi mesi prima un abbonamento internet dial-up), e partimmo con la registrazione del dominio .it. Quelli di Hurricane Electric, avvisati del fatto che volevamo puntare il DNS verso di loro, ci risposero via email con una cosa del tipo “are you really really sure???”, ma noi andammo avanti.
Io iniziai a tradurre tutto l’albero della directory da inglese a italiano, e lavorammo anche sul logo (Yahoo! Italia con una torre di Pisa al posto del punto esclamativo). Tengo a precisare che, nella mia assurda ingenuità di quel tempo, l’obiettivo non era di lucrarci rivendendo il dominio a Yahoo!, bensì di andarci a lavorare, magari nella futura costituenda filiale italiana.
Comunque sia, il dominio venne registrato, e già allora, nel “lontano” 1995, la prima pagina vuota che mettemmo online (costituita esclusivamente da un piccolo form con un bottone “cerca”) faceva valanghe di accessi spontanei (alcuni dei quali, verosimilmente, anche da PC collegati alla rete di yahoo.com), che monitoravamo costantemente con occhi (quasi) lucidi.
Scrivemmo quindi a Yahoo!, descrivendo il nostro assurdo progetto, ovvero quello di far parte della futura filiale italiana, e del fatto che ci stavamo già lavorando sopra giorno e notte. La risposta via email (ovviamente) non arrivò mai.
Dal mio fax, alcuni giorni dopo, uscirono invece alcune pagine, la cui prima era come una doccia gelata: conteneva infatti esclusivamente nomi di avvocati. Mi recai nel loro studio, a Milano, e mi spiegarono (molto gentilmente) che il marchio Yahoo non è registrabile e/o utilizzabile da nessuno in nessun luogo del mondo, e pertanto, se non volevo impelagarmi in problemi legali, avrei dovuto immediatamente restituire il dominio.
Ovviamente lo feci, non guadagnandoci sopra nemmeno una lira, e da allora mi passò per sempre l’idea di guadagnare col cybersquatting (o domain grabbing che dir si voglia).
P.S.: poco tempo dopo, inspiegabilmente, il dominio yahoo.it se lo prese un cybercafé di Roma, che penso abbia poi ricevuto una “letterina” simile alla mia…
scritto da Davide “il tagliaerbe” Pozzi
Cybersquatting e protezione dei marchi: lezioni legali dall’era pionieristica
La storia di yahoo.it rappresenta uno dei primi casi documentati di cybersquatting (o domain grabbing) in Italia, anche se l’intenzione originale non era speculativa ma piuttosto visionaria e ingenua. Ma cosa si intende esattamente per cybersquatting? Il termine si riferisce alla pratica di registrare nomi a dominio che contengono marchi registrati o nomi di aziende con l’obiettivo di rivenderli ai legittimi proprietari a prezzi maggiorati, oppure di sfruttare il traffico generato dalla notorietà del brand.
Nel 1995, quando avvenne la registrazione di yahoo.it, il panorama legale sui domini era ancora in fase embrionale. Non esistevano normative specifiche che regolassero la materia, e molti casi venivano risolti attraverso l’applicazione delle leggi sui marchi esistenti. La protezione internazionale dei marchi garantiva ai titolari di trademark registrati il diritto esclusivo di utilizzo del proprio marchio in tutto il mondo, principio che si applicava anche ai domini internet.
Gli avvocati di Yahoo! fecero valere proprio questo principio quando contattarono i registranti di yahoo.it. Il marchio Yahoo! era protetto a livello internazionale attraverso la Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale, e nessuno poteva utilizzare quel nome commercialmente senza autorizzazione, nemmeno per un dominio internet.
Negli anni successivi, la questione del cybersquatting divenne sempre più rilevante. Nel 1999 venne approvato l’Anticybersquatting Consumer Protection Act (ACPA) negli Stati Uniti, che rese illegale la registrazione di domini contenenti marchi altrui con intento speculativo. A livello internazionale, l’ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers) introdusse nel 1999 la Uniform Domain-Name Dispute-Resolution Policy (UDRP), un sistema di risoluzione delle controversie sui nomi a dominio che permette ai titolari di marchi di recuperare domini registrati in malafede.
Secondo le statistiche del World Intellectual Property Organization, ogni anno vengono gestite migliaia di dispute sui domini attraverso il sistema UDRP. Solo nel 2023, sono stati gestiti oltre 4.000 casi di cybersquatting a livello globale, un numero che dimostra quanto il fenomeno sia ancora attuale nonostante le normative più stringenti.
La lezione della storia di yahoo.it è chiara: nella gestione degli asset digitali, il rispetto della proprietà intellettuale non è negoziabile. Anche l’ingenuità o le buone intenzioni non giustificano l’utilizzo di marchi altrui. Per chi lavora oggi con strategie digitali e sviluppo web, è fondamentale verificare sempre la disponibilità legale di un nome a dominio prima di procedere con la registrazione, non solo la sua disponibilità tecnica.
L’ascesa e il declino di Yahoo!: dalla vetta alla vendita
Mentre in Italia si consumava la piccola storia di yahoo.it, a livello globale Yahoo! viveva la sua epoca d’oro. Alla fine degli anni ’90, Yahoo! era il sito più visitato del pianeta, con una capitalizzazione di mercato che raggiunse i 125 miliardi di dollari durante la bolla delle dot-com. Il portale offriva una gamma completa di servizi: ricerca web, email, news, finanza, shopping, chat, messenger e molto altro. Era diventato il punto di partenza per milioni di utenti che si connettevano a internet ogni giorno.
Ma proprio quando sembrava inarrestabile, Yahoo! iniziò a commettere una serie di errori strategici che avrebbero segnato il suo destino. Nel 1998, Larry Page e Sergey Brin, fondatori di un piccolo motore di ricerca chiamato Google, offrirono a Yahoo! di acquistare la loro tecnologia per 1 milione di dollari. Yahoo! rifiutò. Nel 2002, quando Google aveva già dimostrato la superiorità del suo algoritmo di ricerca, Yahoo! tentò nuovamente di acquistare l’azienda, questa volta per 3 miliardi di dollari. Google chiese 5 miliardi, e ancora una volta la trattativa fallì.
Nel 2006, Yahoo! ebbe un’altra occasione storica: Mark Zuckerberg offrì Facebook per 1 miliardo di dollari. Yahoo! accettò, ma poi all’ultimo momento ridusse l’offerta a 850 milioni di dollari. Zuckerberg rifiutò e il resto è storia. Oggi Facebook (Meta) vale centinaia di miliardi di dollari. Nel 2008, Microsoft offrì 44,6 miliardi di dollari per acquistare Yahoo!, ma il CDA respinse l’offerta ritenendola insufficiente. Una decisione che si rivelò catastrofica: era probabilmente l’ultima opportunità per Yahoo! di vendere al massimo del suo valore.
Il declino accelerò negli anni successivi. Google dominava ormai completamente il mercato della ricerca, Facebook quello dei social network, e Yahoo! si trovava in una terra di nessuno senza una chiara identità. Nel 2012, l’azienda assunse Marissa Mayer, ex dirigente di Google, con la speranza di rilanciarsi. Mayer acquisì Tumblr per 1,1 miliardi di dollari nel 2013, ma l’investimento si rivelò deludente. Nel 2015, Yahoo! dovette affrontare uno dei più gravi data breach della storia: furono compromessi oltre 3 miliardi di account utente, un colpo devastante per la reputazione dell’azienda.
Nel 2017, Verizon Communications acquistò le attività core di Yahoo! per 4,48 miliardi di dollari, una frazione del valore di picco dell’azienda. Il marchio Yahoo! continuò a esistere all’interno di Verizon Media (poi rinominata Yahoo! nel 2021 dopo l’acquisizione da parte di Apollo Global Management), ma aveva perso ormai ogni rilevanza strategica nel panorama digitale. Secondo i dati di Statista, nel 2023 Yahoo! deteneva meno del 2% del mercato globale dei motori di ricerca, mentre Google dominava con oltre il 90%.
Yahoo! Italia seguì un percorso simile. Lanciata ufficialmente nel marzo 1998 con un team di sei persone guidate da Anthony Khan, la versione italiana del portale ebbe un discreto successo iniziale. Ma con il declino globale del brand, anche yahoo italia perse progressivamente importanza. A fine gennaio 2023, Yahoo! Italia ha dismesso la maggior parte dei servizi di portale, concentrandosi esclusivamente sul motore di ricerca e sul servizio di yahoo mail italia, quest’ultimo con politiche di recupero credenziali che hanno generato numerose critiche da parte degli utenti.
La parabola di Yahoo! è diventata un caso di studio nelle business school di tutto il mondo. Un’azienda che aveva tutte le carte in mano per dominare internet, ma che perse ogni opportunità per mancanza di visione strategica, paura di innovare e incapacità di adattarsi ai cambiamenti del mercato. Come ha scritto un analista di Wall Street: “Yahoo! non è morta per colpa della tecnologia. È morta per colpa della paura, dell’inerzia, dell’ego.”
Lezioni attuali dalla storia di yahoo.it: domini, asset digitali e strategia
La storia di yahoo.it, per quanto risalente a quasi trent’anni fa, offre lezioni sorprendentemente attuali per chiunque oggi lavori con strategie digitali, branding online e gestione di asset digitali. Con oltre 30 anni di esperienza nel settore digitale e 2.500+ clienti seguiti in 12 paesi, posso affermare che i principi fondamentali della gestione dei domini e degli asset digitali rimangono costanti, anche se gli strumenti e le tecnologie evolvono continuamente.
La prima lezione riguarda il valore strategico dei domini. Oggi, con oltre 350 milioni di domini registrati a livello globale secondo i dati dell’ultimo report Verisign, trovare un dominio libero e significativo è sempre più difficile. Tuttavia, la scelta del dominio giusto rimane cruciale per il successo online di qualsiasi business. Un dominio ben scelto non è solo un indirizzo web: è un asset strategico che costruisce brand identity, facilita il posizionamento SEO, genera trust e può aumentare significativamente il valore percepito di un’azienda.
La seconda lezione riguarda la due diligence legale. Prima di registrare qualsiasi dominio, è fondamentale verificare non solo la sua disponibilità tecnica, ma anche la sua disponibilità legale. Questo significa controllare che non esistano marchi registrati corrispondenti o simili, che potrebbero creare problemi in futuro. Un errore in questa fase può costare caro, sia in termini economici che di reputazione. La consulenza specializzata in questi casi può fare la differenza tra un investimento strategico e un potenziale problema legale.
La terza lezione riguarda la gestione proattiva degli asset digitali. I domini non sono solo nomi: sono parte integrante dell’identità digitale di un’azienda. Questo significa monitorarli costantemente, rinnovarli tempestivamente, proteggerli con adeguate misure di sicurezza e, quando necessario, registrare varianti e domini correlati per proteggere il brand. Secondo uno studio del Registro .it, il 73% delle imprese italiane con un solo dominio preferisce il .it rispetto ad altre estensioni, ma solo il 15% lo utilizza come strumento di comunicazione e marketing, perdendo enormi opportunità.
La quarta lezione riguarda il timing e la visione. La storia di Yahoo! dimostra che non basta essere primi o più grandi: bisogna anche avere la visione e il coraggio di evolvere costantemente. Questo vale anche per la strategia dei domini e degli asset digitali. Le aziende che oggi ignorano l’importanza di presidiare il proprio spazio digitale, che non investono in ottimizzazione per i nuovi paradigmi tecnologici come l’AI e la ricerca vocale, rischiano di fare la fine di Yahoo!: rimanere indietro mentre il mercato va avanti.
Infine, la storia di yahoo.it ci ricorda l’importanza di affidarsi a professionisti esperti. Nel 1995, la mancanza di competenze legali e strategiche portò alla perdita di un’opportunità (o, visto da un’altra prospettiva, evitò un potenziale disastro legale). Oggi, con la complessità crescente del panorama digitale, avere al proprio fianco consulenti che conoscono non solo gli aspetti tecnici ma anche quelli legali, strategici e di business è fondamentale. Come Certified Professional Ethical Hacker (CPEH) e consulente privacy, posso confermare che la sicurezza e la conformità sono oggi altrettanto importanti quanto la strategia tecnologica.
Sintesi dell’articolo generata dall’AI
Questo articolo racconta la storia autentica della registrazione del dominio yahoo.it nel 1995, uno degli episodi pionieristici del web italiano che pochi conoscono. Nel periodo in cui internet muoveva i primi passi in Italia, quando i domini .it registrati erano appena qualche migliaio e Yahoo! stava diventando il portale più visitato al mondo, due giovani appassionati decisero di registrare il dominio italiano del celebre motore di ricerca.
La storia, narrata direttamente da Davide Pozzi, protagonista dell’episodio, descrive come venne registrato yahoo.it con l’ingenuità e la speranza di poter lavorare per la futura filiale italiana di Yahoo!. Il progetto includeva la traduzione completa della directory e persino un logo personalizzato con la torre di Pisa. Tuttavia, l’intervento degli avvocati di Yahoo! mise rapidamente fine all’avventura, spiegando che il marchio era protetto internazionalmente e non poteva essere utilizzato senza autorizzazione.
L’articolo fornisce anche un’analisi approfondita della nascita e dell’evoluzione di Yahoo!, dai suoi inizi in una roulotte di Stanford nel 1994 fino alla vendita a Verizon nel 2017, passando per le occasioni mancate (Google, Facebook) che ne decretarono il declino. Vengono esaminati gli aspetti legali del cybersquatting e della protezione dei marchi, fondamentali ancora oggi per chi lavora con domini e asset digitali.
Le lezioni tratte da questa storia sono sorprendentemente attuali: l’importanza della due diligence legale nella registrazione domini, il valore strategico degli asset digitali, la necessità di visione e adattamento costante, e l’importanza di affidarsi a consulenti esperti per navigare la complessità del panorama digitale contemporaneo.
Conclusione: perché la storia di yahoo.it è ancora rilevante oggi
La storia di yahoo.it non è solo un curioso aneddoto del passato: è una lezione vivente su come internet sia cresciuto da un “far west” digitale senza regole a un ecosistema complesso dove strategia, legalità e visione fanno la differenza tra successo e fallimento. Quella registrazione del 1995, nata dall’entusiasmo e dall’ingenuità di chi credeva in un futuro digitale quando pochi altri lo vedevano, rappresenta perfettamente lo spirito pionieristico che ha costruito internet.
Oggi, quasi trent’anni dopo, il panorama è radicalmente cambiato ma i principi fondamentali rimangono gli stessi. I domini sono asset strategici che vanno gestiti con competenza, gli aspetti legali non possono essere ignorati, e la visione strategica è fondamentale per rimanere competitivi. Che si tratti di yahoo.it, www.yahoo italia, o di qualsiasi altro asset digitale, la consulenza professionale fa la differenza.
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La storia continua a ripetersi: chi non impara dal passato è destinato a riviverlo. Non lasciare che la tua strategia digitale diventi una storia di occasioni mancate.