Secondo un recente studio di Altimeter Group, Klout – e gli altri strumenti di misurazione dei social media – in realtà non riescono a definire come gli utenti influenzano le reti di cui fan parte. Klout, PeerIndex e diversi altri servizi pretendono di misurare l’influenza – e forse, in qualche modo, lo fanno – ma cosa significa davvero “influenzare”, dal punto di vista digitale?
Brian Solis, autore del report The Rise of Digital Influence, afferma che i siti che cercano di misurare l’influenza degli utenti sui social media, in realtà riescono solo a misurare la “capacità di influenzare”. “Un punteggio può misurare il “social capital”, ma non la reale influenza”, ha detto.
Secondo Solis, la definizione di “digital influence” è la seguente: “La capacità di causare effetti, di cambiare i comportamenti e di portare a risultati misurabili online”. E dice anche che i brand non hanno compreso il concetto di influenza. “Anche se questi tool utilizzano sofisticati algoritmi per arrivare a generare un numero, non tengono conto di tutta la complessità della natura delle relazioni fra le persone all’interno delle reti sociali”, ha affermato Solis. “Il risultato è che i brand sbagliano ad allocare preziose risorse perché non comprendono ciò che è l’influenza e il ruolo svolto dagli influencer all’interno del mercato”.
Lynn Fox, portavoce di Klout, rimane neutra rispetto alle affermazioni di Solis: “Il report rafforza ciò che sapevamo, e siamo già molto avanti nel processo di misurazione dell’influenza in questo mercato”. Nelle 33 pagine del report vengono delineati i 3 Pilastri dell’Influenza – reach, resonance, relevance – che determinano come un brand o una persona possano causare cambiamenti o effetti all’interno della loro rete sociale.
“Un numerino, preso da solo, non può stabilire se un brand – o una persona – è influente”, ha ribadito Solis. Che prosegue: “I Pilastri dell’Influenza contribuiscono al “social capital”, che indica la probabilità di influenzare un comportamento, ma un “punteggio” non riesce a prevedere le azioni derivanti o il risultato finale. Un punteggio di 74 rappresenta la capacità di influenzare, ma ci sono altre variabili che entrano in gioco (come quelle definite nei 3 Pilastri dell’Influenza)”.
Azeem Azhar, CEO di PeerIndex, pensa che lo studio sia un ottimo spunto di conversazione, ma le conclusioni dello stesso non significano molto. “E’ una questione semantica piuttosto che pratica”, ha detto Azhar. “Non credo ci sia molta differenza tra il concetto di “capacità di influenzare” e di “influenza””. E ha proseguito con un aneddoto: “Se una persona ha bevuto un Martini negli ultimi 10 venerdì sera, è probabile che ne berrà uno anche il prossimo venerdì. Oppure possiamo dire che è probabile abbia la capacità di bere un Martini. Non vedo la differenza”.
Secondo Lynn Fox di Klout, “è difficile definire l’influenza, ma il punto è che i dati esistono e l’influenza ha la capacità di portare ad una azione”. Tu credi che l’influenza si possa racchiudere in un numero, come pensano Klout o PeerIndex? O sia qualcosa di più “sfumato”, come pensa Brian Solis coi suoi 3 Pilastri?
Liberamente tradotto da Klout Doesn’t Really Measure Influence di Alissa Skelton.