Le uscite di Matt Cutts di qualche giorno fa, hanno definitivamente confermato che la vendita di link (che passano PageRank) porta inevitabili penalizzazioni del PageRank visibile sulla barretta (e in alcuni casi anche una forte diminuzione di traffico in arrivo da Google).
La cosa sta intimorendo parecchi webmaster, i quali iniziano ad interrogarsi sull’uso corretto del tag rel=nofollow: Google vorrebbe infatti che fosse inserito in tutti i link a pagamento, ma a causa del FUD (=”Fear, Uncertainty and Doubt” ovvero “Paura, Incertezza e Dubbio”) creato dalle dichiarazioni di Matt Cutts, in parecchi stanno seriamente pensando di inserire il nofollow ovunque, in tutti i link in uscita dal proprio sito. Che fare quindi?
FAQ su Nofollow e Dofollow
Ho raccolto in giro 10 affermazioni (spesso dubbi…) circa i 2 amati/odiati tag; cerco, nei limiti del possibile, di fare un pò di chiarezza.
- Cos’è il Nofollow? e il Dofollow? L’attributo rel=nofollow è un tag HTML (non standard) che, applicato ad un link, dice ai motori di ricerca di non seguire la risorsa linkata e di non considerarla ai fini del rank. Il Dofollow è spesso inteso come un plugin (vedi sotto), o comunque come l’assenza del Nofollow.
- Le maggiori piattaforme di blog hanno il nofollow, nei commenti, abilitato di default. Vero, ma (spesso) è possibile disabilitarlo… per esempio, in WordPress, è sufficiente attivare un plugin come DoFollow o NoFollow Free.
- Se attivo il Dofollow dovrò stare più attento ai commenti. Vero, qualche spammer “furbetto” potrebbe cercare di inserire nel vostro blog commenti (magari) intelligenti ma con link verso siti di scarsa qualità (o di nessuna attinenza rispetto al vostro blog e/o al commento stesso): dovrete pertanto applicare una moderazione molto più vigile.
- Dofollow può far aumentare in modo considerevole il numero dei commenti e dei commentatori. Vero, soprattutto se pubblicizzate adeguatamente la cosa (magari utilizzando i bannerini che trovate qualche riga più in basso).
- Nofollow non scoraggia comunque gli spammer. Assolutamente vero, basta guardare le statistiche di Akismet per accorgersene…
- Usare ovunque il Nofollow va contro i principi del web. Assolutamente vero. Se tutti sterilizzassero i propri link in uscita (vuoi per paura di perdere “link juice”, vuoi per paura di ricevere una penalizzazione da Google), si creerebbero di fatto tanti “siti isola”, completamente scollegati l’uno dall’altro. E i motori di ricerca, che basano l’ordinamento delle SERP proprio sulla quantità/qualità dei link, non saprebbero più che pesci pigliare.
- Nofollow non è uno standard. Assolutamente vero, è una “invenzione” di Google di un paio d’anni fa. Fra l’altro, ogni motore di ricerca gestisce il nofollow come crede… basta guardare questa tabella (fonte: Wikipedia):
- C’è tanta gente che usa il DoFollow? Si, c’è addirittura la No Nofollow | I Follow | DoFollow Community. Avrete sicuramente visto uno di questi loghi:
su qualche blog che frequentate…
- E in Italia? Diversi SEO sono “Dofollower” da ormai parecchio tempo; fra questi, segnalo: – Stefano Gorgoni (Un anno senza nofollow); – Sante J. Achille (Perché non utilizzo più il rel=nofollow per il mio blog); – Fabio Dell’Orto (Eliminazione links con attributo rel nofollow dai commenti del blog).
- Il dubbio finale: usare il Dofollow equivale a vendere PageRank. Non proprio. Semmai equivale a regalare un link ai propri affezionati commentatori. E’ una cosa così tanto evil?
Conclusioni
Il grande dubbio (o la grande paura…) è che Google non abbia le capacità di capire quando un link è a pagamento o meno. Verificando i link presenti su un sito sia manualmente che automaticamente, non è infatti possibile determinare al 100% se questi sono venduti o spontanei. Ma Google potrebbe colpire in base a certi “pattern”, penalizzando (ad esempio) i link nelle spalle dei blog o nei footer dei siti, sopra i quali è presente la scritta “link sponsorizzati”. O potrebbe rastrellare tutte le directory delle società che vendono text link, nonchè i forum dove si organizza compra-vendita di link. Può darsi che queste cose, Google, le faccia già.
E magari, in futuro, toccherà proprio ai Dofollower, colpevoli pure loro di vendere (pardon, regalare) qualche briciola di PageRank.