Ero su Facebook l’altra sera e nello stream mi รจ capitato Maurizio Petrone che dalla sua fan page chiedeva (ironicamente) se le recenti parole di Matt Cutts riguardo agli exact match domain significassero o meno la fine dello strapotere nelle SERP di siti con contenuti non proprio esaltanti ma con nomi a dominio che replicano esattamente la query. Sono certo sappiate di cosa sto parlando, o in caso contrario basta che proviate a digitare qualcosa tipo “penne personalizzate” su Google e troverete in prima posizione pennepersonalizzate.it e qualche posizione piรน giรน pennepersonalizzate.com. Ora, questa situazione รจ destinata a cambiare? Io credo di no, o almeno non radicalmente, e vi spiego perchรฉ, partendo innanzitutto con una rapida cronistoria della problematica.
Le keyword nel dominio contano (troppo?)
Che avere le keyword esatte nel dominio dia un boost nel ranking i SEO lo sanno da tempo, e a ottobre Rand Fishkin su SEOMoz portava dei dati significativi a sostegno di questa piรน che condivisa ipotesi; dati che dimostrano, inequivocabilmente e se ancora ce ne fosse bisogno, che le parole chiave nel dominio, e in particolare la condizione di exact match con la query, rappresentano un fattore di posizionamento di grande impatto. In particolare, exact match piรน TLD .com pare essere il caso con maggiore incidenza.
Google dice che rivaluterร questo fattore
Meno di un mese dopo questo post (ma lo stesso Fishkin sosteneva giร che qualcosa si stesse muovendo) alla PubCon Matt Cutts dichiara – tra le varie cose – che Google si sta chiedendo se sia il caso di cambiare qualcosa nell’algoritmo di ranking per mettere un freno a questa situazione che in alcuni casi sta trasformando il nome a dominio in un elemento di spam. A sottolineare maggiormente il concetto, giunge il 7 marzo questo video del GoogleWebmaster Help, in cui Cutts risponde con il suo solito “leggete tra le righe” a una domanda di un webmaster tedesco che chiede: “Come spieghereste il ‘Potere dei Keyword Domain’ a qualcuno che deve decidere che nome a dominio scegliere?”
Cutts comincia col portare l’attenzione su come la maggior parte dei siti importanti e conosciuti abbia un nome brandizzabile che li differenzia e li rende riconoscibili: Tagliablog รจ diventato un brand, mentre difficilmente avrebbe potuto esserlo WebMarketingBlog.com (o peggio ancora .net, .org o .info). Avere un nome particolare distingue dalla massa. E fin qui niente di nuovo. Sul finire del video poi Cutts aggiunge: “ci stiamo ponendo il problema di verificare perchรฉ i domini con le keyword sono cosรฌ in alto e a riguardo faremo delle modifiche all’algoritmo”.
Ma non si puรฒ cambiare radicalmente l’algoritmo
E ritorniamo quindi alla domanda di Maurizio Petrone: รจ la fine dell’exact match come fattore di posizionamento? Come dicevo prima, io credo di no, e per un motivo semplice: c’รจ molta gente che utilizza il motore di ricerca per eseguire query che รจ difficile discriminare tra navigazionali e informazionali. Se sto cercando tagliaerbe, sono in cerca del blog di Davide Pozzi o di un demoniaco aggeggio per rasare il prato? Se digito diesel, voglio il sito del brand di moda, o informazioni sul carburante? In molti di questi casi, l’utente usa Google per arrivare a un sito: la query รจ quindi navigazionale.
E tale potrebbe essere in teoria anche la precedente “penne personalizzate”: come puรฒ Google essere sicuro che “Penne personalizzate” non sia un brand? E come puรฒ permettersi di non mostrare in SERP il sito che l’utente potrebbe star cercando? La risposta รจ scontata: non puรฒ (e infatti, almeno per ora, personalmente non ho riscontrato cali di ranking generalizzati su domini exact match). La domanda quindi si sposta su un terreno leggermente diverso: puรฒ Google discernere esattamente se una ricerca รจ legata a un brand o meno? Esattamente, no. Ma puรฒ cogliere dei segnali, e ce ne sono vari.
Sembra un brand e sei a posto
Ross Hudgens individua nei link in ingresso un possibile mezzo tramite cui i motori di ricerca potrebbero valutare se si trovino di fronte a un brand oppure no: il sito www.giocattolirotti.com viene linkato per lo piรน come “giocattoli rotti”? Allora forse si tratta di un link building fatto per spingere le keyword, quindi il dominio relativo non รจ brand e quindi nessun boost navigazionale.
Se perรฒ l’anchor text รจ piรน spesso “Giocattoli rotti”, con un discreto numero di “Giocattolirotti” o “Giocattolirotti.com”, allora potremmo con piรน probabilitร essere di fronte a un marchio e in questo caso ci *deve* essere un boost navigazionale, per assicurare che l’utente trovi il sito nelle prime posizioni se esso รจ proprio ciรฒ che sta cercando. A me pare ragionevole, e non รจ detto che le cose non stiano cosรฌ.
Maurizio Petrone, che sui link in ingresso come segnale principale di brand principale non รจ molto d’accordo, aggiunge come possibili indicatori: ricerche navigazionali al dominio (cerco direttamente giocattolirotti.com), presenza sui social media e presenze fisiche offline. Forse la prima per piccoli brand darร volumi poco apprezzabili, e la terza non รจ detto che ci debba essere per forza (un brand puรฒ essere tale in rete ma non esistere offline), ma sicuramente sono d’accordo sulla seconda.
Un po’ brand e un po’ keyword: la scelta migliore
Tirando un po’ le fila del discorso, in ogni caso, la chiave per avere (o non perdere) un boost navigazionale per domini “exact match” รจ quello di sembrare dei brand: cercate di apparire tali agli occhi di Google e lui non potrร abbassare il vostro ranking. Se dovete invece scegliere un nuovo nome a dominio per il vostro sito, perรฒ, la decisione tra un nome brandizzabile o di due parole chiave in fila non รจ immediata: come illustra anche un interessante post su SeoBook, dipende da che obiettivi avete.
In linea generale, forse, la soluzione migliore รจ sempre di compromesso: inventatevi qualcosa di brandizzabile che contenga pure una o piรน parole chiave e avrete preso due piccioni con una fava. Del mio Posizionamento Zen, per esempio, che ve ne pare? ๐
Autore: Giuseppe Pastore di Posizionamento Zen, per il Max Valle.