La breve vita dell’authorship di Google può dirsi terminata.
Nata a Giugno del 2011, rimasta in stato dormiente per un annetto buono, promossa poi per un altro paio d’anni dal solito Cutts – e, in misura minore, da Mueller – è morta ufficialmente qualche giorno fa, dopo 2 mesi di coma profondo.
Breve Storia della Google Authorship
Sul TagliaBlog abbiamo parlato più volte di questo tema, ma per chi non ha voglia di rileggersi tutti i vecchi post provo a fare un riassuntino veloce.
Senza voler andare troppo indietro negli anni, a scomodare cose come il tag rel=”me”, possiamo fissare la data di nascita dell’authorship il 7 Giugno del 2011, ad opera di questo post di Othar Hansson sul Google Webmaster Central Blog.
Cutts disse:
“Ci sono cose come l’authorship, dove puoi usare uno standard per mettere un markup alla tua pagina, che permette di mostrare una foto dell’autore, e magari aumentare il numero di click, e fa dire alla gente: “oh, mi sembra una risorsa della quale aver fiducia”.
“Penso che se si guarda più in là nel futuro, e si guarda a qualcosa che noi chiamiamo social signal o authorship o come volete chiamarla, in 10 anni, credo che saremo in grado di riconoscere chi gode davvero di una buona reputazione”.
“La foto non attrae solo l’attenzione, non attrae solo i click, è quasi come un “indicatore di trust”.
“L’idea è quella di avere qualcosa alla quale tutti possano partecipare, e nel corso del tempo, quando cominciamo a saperne di più sulla qualità degli autori, si può immaginare che inizierà ad avere effetti sul ranking”.
Puoi facilmente immaginare gli effetti di queste affermazioni sulla comunità SEO 😀 : in pochi giorni/settimane, l’adozione dell’authorship fu massiccia, anche se quasi esclusivamente all’interno della stretta cerchia di coloro che con i motori di ricerca ci lavorano.
Ma sul tema della (scarsa) adozione dell’authorship ci tornerò fra poco. Andiamo avanti con la cronistoria.
Febbraio 2013: Eric Schmidt affermò che “all’interno dei risultati, le informazioni legate a profili verificati avranno un posizionamento migliore rispetto ai contenuti che non hanno passato questa verifica, cosa che si tradurrà in un maggior numero di click sui risultati verificati posizionati più in alto”.
Dicembre 2013: durante la puntata #227 di “This Week in Google”, Matt Cutts rilasciò una dichiarazione, in verità un bel po’ opaca, che sembrò andare nella direzione di premiare i contenuti prodotti da autori “esperti”, e quindi posizionarli meglio di altri all’interno del motore di ricerca.
“Stiamo cercando di capire quali sono le “autorità” nei singoli piccoli ambiti tematici, e quindi come possiamo fare in modo che questi siti vengano mostrati”, disse Cutts. “Stiamo cercando di misurare questo genere di argomenti. Perché sai che si vuole davvero ascoltare l’esperto di ogni settore, se possibile.”
Sempre a partire dallo stesso mese, Google iniziò a ridurre la visibilità dell’authorship all’interno delle SERP, mostrando solo gli autori più… autorevoli. Tale riduzione, si disse, fu nell’ordine del -15%.
Maggio 2014: John Mueller dichiarò che “authorship only plays a role with the “in-depth-articles” feature, and otherwise has no effect on ranking in web-search at all”.
Dalla dichiarazione trapelò dunque che l’authorship poteva avere un ruolo (ovviamente positivo) quando si trattava di posizionare un in-depth article, mentre non influenzava in alcun modo gli altri contenuti.
Ma il 25 Giugno 2014, il primo colpo di scena: Mueller annunciò su Google+ che “we’re simplifying the way authorship is shown in mobile and desktop search results, removing the profile photo and circle count”.
In buona sostanza, le “faccine” degli autori dei contenuti spariscono dalle SERP! Rimane giusto il nome e cognome sotto il titolo, ma l’immagine viene eliminata.
Già da quel giorno in molti iniziarono a pensare che il progetto di Google fosse stato accantonato. I più maligni azzardarono una ipotesi: le “faccine” sono state eliminate perché attraggono troppi click, a discapito degli annunci pubblicitari con cui Google tiene in piedi tutta la baracca.
Il 28 Agosto 2014, John Mueller annuncia la morte dell’authorship.
L’Epitaffio della Google Authorship
Traduco integralmente il post di Mueller (i grassetti sono miei).
“Sono stato coinvolto sin dalle fasi iniziali dei test sull’authorship markup, e della visualizzazione dello stesso nei risultati delle ricerche. Abbiamo ricevuto un sacco di feedback utile da webmaster ed utenti, e abbiamo ottimizzato, aggiornato ed affinato il riconoscimento e la visualizzazione delle informazioni sull’authorship. Purtroppo, abbiamo anche osservato che questa informazione non è utile ai nostri utenti come avevamo sperato, è può anche distrarre dai risultati. In base a ciò, abbiamo preso le difficile decisione di interrompere la visualizzazione dell’authorship nei risultati di ricerca.
(Se sei curioso – nei nostri test, la rimozione dell’authorship, a livello generale, non sembra aver ridotto il traffico verso i siti, né aumentato i click sugli annunci pubblicitari. Facciamo queste modifiche per migliorare la user experience.)
A livello personale, è stato divertente e interessante percorrere la strada dell’authorship con tutti voi. Ci sono state cose strane, bug, casi di spam da combattere, ma la cosa più gratificante è stata (e continuerà ad essere) interagire con i webmaster. Ci siamo resi conto che l’authorship non è stata sempre semplice da implementare, e noi apprezziamo molto lo sforzo che mettete nel migliorare i vostri siti per i vostri utenti. Grazie!
Andando avanti, noi siamo fortemente impegnati a continuare ad espandere il nostro sostegno ai markup strutturati (come schema.org). Questi markup aiutano tutti i motori di ricerca a comprendere meglio il contenuto e il contesto delle pagine sul web, e noi continueremo ad usarlo per mostrare i rich snippet nei risultati di ricerca.
E’ anche opportuno ricordare che gli utenti potranno ancora vedere i post di Google+ provenienti da amici e pagine rilevanti per la query – sia nei risultati principali, che sul lato destro. Le modifiche di oggi sull’authorship non influenzano queste caratteristiche social.
Come sempre, espanderemo e miglioreremo l’insieme di strumenti gratuiti che offriamo per rendere più semplice l’ottimizzazione dei vostri siti web.”
Perché Google ha ucciso l’Authorship?
Se stiamo alle affermazioni di Mueller, “perché non era utile“.
Difficile interpretare la parola “utile”, ma di certo una “faccina” mostrata nelle SERP non può far capire all’utente se un risultato è qualitativamente migliore di un altro. Da quel punto di vista, non è “utile”.
A meno che Google, come aveva in effetti iniziato a fare a Dicembre 2013, non decidesse di mostrare solo una piccola percentuale di “faccine”, ovvero solo quelle degli autori più meritevoli, quelli più… autorevoli. Insomma, la “faccina” presa da sola, senza altri segnali di ranking collegati, non può significare automaticamente che dietro a quell’immagine è presente un contenuto di grande qualità.
E qui ci colleghiamo ad un’altra affermazione di Mueller, ovvero quella sulla “difficoltà di implementazione”. A quanto pare, Google ha notato che la percentuale di implementazione dell’authorship è stata bassa. In effetti, ad esclusione dei soliti SEO e webmaster sempre “sul pezzo”, non ricordo un gran numero di “faccine” nelle SERP più generaliste.
Intendo dire che se cercavi su Google qualcosa in un settore presidiato dai SEO, potevi aspettarti di vedere l’authorship implementata in praticamente tutti i risultati. Ma se andavi un po’ fuori dal seminato, in settori dove i SEO non bazzicano, il numero di “faccine” era decisamente inferiore.
Colpa di una cattiva comunicazione da parte di Google, o di una effettiva difficoltà nell’implementazione? Di certo avere una SERP con il 100% delle “faccine” non offre un vantaggio competitivo a nessuno (a meno di non avere una “faccina” davvero fuori dal comune, in grado di attrarre molti più click rispetto ad un altra); a mio parere, è invece vero che se su 10 risultati solo 1 ha implementato correttamente l’authorship e mostra quindi la sua “faccina” sulla pagina, otterrà un maggior numero di click rispetto a quelli vicini a lui.
Eppure Mueller smentisce: dice che “la rimozione dell’authorship non sembra aver ridotto il traffico verso i siti”, facendo intendere che le “faccine” non producevano alcun “effetto calamita”.
Da sottolineare anche l’affermazione successiva, ovvero “né aumentato i click sugli annunci pubblicitari”. Come dire: “non fare il maligno e non pensare che abbiamo tolto le “faccine” perché portavano via click dalle nostre pubblicità: non è così”.
Infine, estremamente interessante la dichiarazione di Mueller rilasciata a Mark Traphagen: “i dati raccolti in 3 anni hanno convinto Google che mostrare l’authorship nelle ricerche non restituiva abbastanza valore rispetto alle risorse necessarie per elaborare i dati”.
Insomma, le “faccine” sono sparite dalle SERP anche per un problema di risorse: costavano troppo rispetto al valore (economico e non) che Google poteva ricavarci.
Cosa succederà con la fine della Google Authorship?
Ho sentito ipotizzare un sacco di cose, la più estrema fra tutte la chiusura a breve di Google+ (considerato da alcuni un morto che cammina, dopo l’abbandono di Vic Gundotra).
Ma rimanendo nell’ambito delle congetture più plausibili, e all’interno del concetto “allargato” di Authorship + Author Rank, penso che Google non possa aver perso l’interesse di individuare e premiare in qualche modo gli autori di contenuti di grande qualità: Authorship e Author Rank son cose diverse, e anche se il primo tentativo di collegare autori a contenuti ha fallito, non credo proprio che Google abbandonerà tutto il progetto.
Dovrà però aggiustare il tiro, utilizzando un sistema più semplice e “automatico”, non basato su procedure complicate e/o righe di codice che il webmaster deve creare e incollare sulle sue pagine.
Potrebbe continuare ad utilizzare i vecchi e cari link, affinandone continuamente il peso a suon di ritocchi algoritmici (vedi Penguin, per il quale si attende la versione 3.0 a momenti).
O iniziare a considerare gli apprezzamenti derivanti dai social, +1 su tutti.
O forse gli basteranno i dati di Knowledge Vault, l’evoluzione di Knowledge Graph?
Aggiornamento del 01.10.2015: Secondo quanto riportato da Search Engine Land, durante l’SMX East Gary Illyes ha affermato che Google potrebbe utilizzare l’authorship markup nel prossimo futuro, e quindi è bene mantenerlo nel codice delle pagine dei nostri siti web. Sarà davvero così?