social media editor

Una delle definizioni più azzeccate di Social Media Editor è probabilmente quella che vedi qui sopra: “Il social media editor dovrebbe essere sia un utente che uno “spacciatore” [di notizie]. Modera, comunica, cura, facilita ed educa.” La nascita ufficiale di tale figura, perlomeno se vista in abbinamento ad una grossa testata giornalistica, si può collocare a maggio 2009, quando il New York Times assunse Jennifer Preston proprio per ricoprire il ruolo di social media editor; fra i compiti assegnati alla Preston vi erano:

• sviluppare TimesPeople, il social network del New York Times;

• espandere l’uso dei social per diffondere meglio i contenuti del giornale, mantenendo uno stretto contatto con i lettori;

• utilizzare i social media per raccogliere informazioni, monitorare i trend e fare notizia;

• diffondere le “buone pratiche” nell’utilizzo di tali mezzi all’interno dei colleghi della redazione;

• tenersi aggiornata e al passo con l’evoluzione tecnologia, così da suggerire le migliori soluzioni per lo sviluppo del giornale online.

Perché parlo al passato?

Perché fra pochi mesi Jennifer Preston lascerà la posizione di social media editor, e tornerà a fare la reporter.

Perché questa è una bella notizia?

Perché quella posizione è stata eliminata NON per il fatto di essere ritenuta inutile, anzi. “I social media non possono appartenere ad una sola persona; devono essere parte del lavoro di tutti” ha detto la Preston in una recente intervista. “Devono essere integrati nel progetto editoriale esistente, e in quello di produzione.”

La Preston ha espresso questo pensiero ad agosto, sostenendo che la figura di una “social media evangelist” non era più necessaria. Per quale motivo? perché i reporter e i redattori del giornale avevano ormai compreso il valore dei social media nel processo della comunicazione.

Perché ormai fornivano notizie aggiornate in real-time, ed erano molto più “interattivi” con i lettori. All’inizio ci sono state delle resistenze, poi ampiamente superate: la Preston ha aiutato i colleghi ad utilizzare i social media non solo per promuovere i contenuti, ma per costruire una community e attirare nuovi utenti. I giornalisti del New York Times ora usano i social per pubblicare news dell’ultim’ora e per gli eventi dal vivo.

Alcuni hanno anche iniziato ad utilizzare Facebook per creare community attorno a determinate aree di contenuto. Un po’ come per il caso dei SEO/SEM specialist, anche per i giornalisti si prospetta dunque un futuro a tinte social: non dovranno più solo scrivere, ma anche comunicare, condividere, socializzare… se vorranno sopravvivere online.

Max Valle

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