“Quel che si dice è molto più importante di come lo si dice”, scriveva il mitico David Ogilvy parecchi anni fa. Oggi, molto provocatoriamente, mi azzardo invece ad affermare che “quel che si dice è importante (almeno) tanto quanto il come lo si dice”. Faccio un passo indietro. Un paio di mesi fa, su Quora mi hanno chiesto “Cosa vi fa giudicare autorevole un blogger?” Ho risposto, istintivamente, così:
Se dovessi scegliere solo 2 punti:
- Dal “tone of voice”.
- Dalla capacità di saper fare (e non solo dal saper scrivere).
In questo post mi soffermo ad approfondire un poco il primo punto, ovvero il tone of voice. E mi limito, anche per evitare lungaggini, al tone of voice applicato ai “singoli individui” (e non ai brand o ai loro prodotti/servizi). Premetto che ho una visione allargata di quello che accademicamente viene definito “tone of voice” nell’ambito del marketing o dell’advertising… anche perché, come accennato appena sopra, in questo articolo parlerò solo ed esclusivamente di persone (e non di aziende, che sono invece normalmente citate quando si parla di questo tema).
Leader, non follower
È vero, non tutti sono nati per fare i leader… anzi: la maggior parte delle persone si trova estremamente a proprio agio nel coprire il ruolo di follower, ovvero di seguace di qualcuno. La comodità dell'”effetto gregge” è nota e risaputa, e può essere ben sfruttata dai marketer più intraprendenti (vedi il concetto di riprova sociale). In alcuni casi il follower non si limita a seguire, ma si spinge ad imitare: “I bravi artisti copiano, i grandi artisti rubano”, diceva Picasso (prima) e Steve Jobs (dopo). Il problema è che di grandi artisti ce ne sono ben pochi, e spesso gli imitatori sono solo dei “fotocopiatori” che passano totalmente inosservati. Ecco perché è importante sviluppare un proprio modo di porsi, un proprio “tono” che permetta da un lato di distinguersi dall’enorme massa dei concorrenti, e dall’altro di vendere la propria consulenza o i propri servizi.
Quale Tone of Voice usare?
“Potete ingannare tutti per qualche tempo e qualcuno per sempre, ma non potete ingannare tutti per sempre”, diceva Abraham Lincoln. Ecco perché non devi provare a essere né qualcun altro, né quello che non sei: prima o poi i nodi verranno al pettine, è inevitabile. Il tone of voice esprime fondamentalmente il tuo carattere, la tua personalità, il tuo modo di essere e di fare: puoi lavorare per migliorare questi aspetti, ma non riuscirai mai a stravolgerli completamente. A dipendenza del pubblico a cui ti rivolgi, solitamente viene suggerito di utilizzare un tono diverso, un po’ come l’abito: se vai ad una cerimonia dovresti metterti in giacca e cravatta, se vai in spiaggia in pantaloncini e maglietta. In altre parole: ci sono casi dove è bene usare un tono formale anziché informale, serio anziché scherzoso, distaccato anziché cordiale, etc. Tutto ciò premesso, se parliamo di tone of voice applicato al mondo dei consulenti SEO (o comunque a quello dei professionisti e freelance che lavorano online), in generale ho visto che ha successo:
- Chi sa porsi in modo autorevole ma pacato, non spocchioso;
- Chi aiuta gli altri all’interno della propria community di riferimento;
- Chi per lunghissimo tempo, con costanza, produce valore all’interno del proprio settore;
- Chi è competente, ovvero dimostra con i fatti (e non con le parole) di saper fare bene il proprio lavoro;
- Chi non si vanta, chi non si auto-attribuisce titoli reboanti (come guru, influencer, maestro, etc.), ma lascia che la sua fama lo preceda.
Alla fine non serve alzare il “tono della voce”, anzi: se parliamo proprio di voce, e non in senso figurato, da uno studio di Rosario Signorello dell’Università della California emergerebbe che gli italiani preferiscono i leader con un tono di voce più basso, che viene percepito come più determinato e agguerrito, e in generale come più dominante e attraente rispetto ad un tono alto. Insomma, per essere autorevoli non serve alzare i toni… da nessun punto di vista. 🙂