Il post di ieri mi ha ispirato un veloce pensiero sul marketing, legato al concetto di “fuoco”. Prima perรฒ una definizione “ufficiale”, che trovo condivisibile: il marketing รจ quell’insieme di azioni utili a piazzare un prodotto o un servizio sul mercato, avendo come finalitร il maggiore profitto e come causalitร la possibilitร di avere prodotti capaci di realizzare tale operazione.
Un’altra definizione che mi piace รจ quella di marketing inteso come processo, finalizzato a favorire l’incontro fra domanda e offerta di beni o servizi. (Mi piace anche la tesi numero uno di Diegoli, secondo la quale il marketing รจ morto, ma meglio non divagare troppo ๐ ).
Vista da questa prospettiva, sotto il cappello del marketing potrebbe dunque esserci anche l’advertising, le public relation e tutte le componenti necessarie a raggiungere lo scopo prefissato dall’azienda. Abbiamo visto che Seth Godin mette invece al centro il prodotto e la sua straordinarietร , utile – anzi necessaria – per affermarsi sul mercato.
Ma se il mercato รจ estremamente convulso e competitivo? In quei casi io temo che non siano sufficienti le strabilianti caratteristiche del prodotto per farlo emergere. Credo sia necessaria una “spintarella”. Ed ecco il paragone col fuoco: avvicinare la fiamma di una azione di marketing ad un prodotto, permette di incendiarlo.
A quel punto, sono fondamentali le caratteristiche del prodotto stesso:
โข potrebbe essere paglia: produce una fiammata veloce, per poi sparire in fretta dalla scena
โข potrebbe essere ignifugo: inutile tentare di accenderlo, non รจ proprio adatto a prendere fuoco
โข o potrebbe essere un buon ciocco di legno: in grado di bruciare e produrre luce e calore molto a lungo Come in natura, i casi di autocombustione sono perรฒ rarissimi: meglio sempre metterci un fiammifero.