Nel mondo dell’email marketing si parla sempre più spesso di engagement. Perché emerge questa forte istanza di qualità a scapito della quantità, dal momento che l’email marketing è ancora considerato lo strumento di digital marketing con il più alto tasso di conversione? L’engagement della mailing list è importante perché chi investe in email marketing ha l’obiettivo di intraprendere un rapporto personalizzato con il target. L’email marketing non è una piazza dove il marketer urla con un megafono il valore del proprio brand e la convenienza delle proprie offerte, con l’obiettivo di farsi sentire da più persone possibile; è piuttosto una notizia, un consiglio sussurrato all’orecchio del subscriber. Non dimenticate mai che ogni volta che comunicate qualcosa, qualunque cosa, state probabilmente suonando nel device mobile del vostro contatto, cioè direttamente nella sua tasca. L’engagement è quel sentimento che prova chi riceve la nostra newsletter: sentimento che è alla base del ritorno del vostro investimento. • Wow! Che hanno da dirmi? Vediamo! Interessante: mi stanno proponendo un articolo che mi piace: approfondisco; • Vediamo che si dice. Peccato: niente che mi interessi; • Forse leggerò questa email questa sera, se ho tempo; • Di nuovo loro? Dov’è il link di cancellazione? • Ora basta, segnalo come spam.
Engagement: sentimento o questione tecnica?
Se scrivete solo a contatti che hanno espresso regolare consenso, potreste finire comunque nella cartella della posta indesiderata, perché per l’utente risulta più veloce segnalarvi che disiscriversi. Forse non state offrendo del buon contenuto o forse semplicemente non interessate più al contatto che si era iscritto alla vostra mailing list. Oppure, nella vostra comunicazione, si fatica a intravedere il link di disiscrizione (bad!). Secondo la ricerca Email Marketing & Co, condotta da MagNews e l’istituto di ricerca Nielsen, coloro che hanno la percezione di ricevere troppe newsletter vorrebbero che il mittente osservasse il loro comportamento e agisse di conseguenza, e nella fattispecie: • ne mandasse meno (il 47%) • sospendesse gli invii (il 28%, il 7% in meno rispetto ai risultati della stessa ricerca effettuata nel 2012). Il 18% pensa che i brand dovrebbero continuare a spedire, perché un giorno potrebbe avere tempo/voglia di leggere.
Quando il vostro contatto vi mette nella cartella spam oppure non vi apre mai, l’engagement della vostra lista, da questione di reputazione verso il vostro target, diventa una questione tecnica che ha a che fare con la deliverability ovvero la vostra capacità di arrivare a destinazione. Il provider di posta elettronica osserva il comportamento dell’utente e cerca di semplificargli la vita: ciò che per l’utente è spam diventa in breve spam anche per il provider, anche se tecnicamente si tratta di comunicazioni autorizzate e quell’utente fa parte di quella mailing list perché si è effettivamente iscritto. A voi email marketing enthusiast ricorda qualcosa questa situazione? A me sì, mi pare si chiamasse Il Processo. 😉 Iniziava così: “Qualcuno doveva aver calunniato Josef K. poiché senza che avesse fatto alcunché di male una mattina venne arrestato”. Quando fate email marketing volete innanzitutto raggiungere il vostro obiettivo (ce l’avete un obiettivo, sì?): convertire, insomma. E lunghe liste di persone disinteressate alle vostre offerte e alle vostre notizie non vi faranno convertire solo perché suonate direttamente nelle loro tasche, fate azioni push. Anzi, laddove non comunicate con rilevanza, verrete tacciati di invadenza.
Best practice di Engagement per l’Email Marketing
Quello che ne consegue, sono un paio regole da ricordare: 1. La soddisfazione dei vostri subscriber è la vostra soddisfazione. Siate pertinenti e rilevanti e rispettate la reason why per cui una persona ha accettato di aderire alla vostra lista. Come? Guardate questo video e scoprite come un brand del cuore mantiene l’attenzione dei suoi clienti attraverso un piano di comunicazioni automatizzate.
3. Agite. Curate la pulizia della vostra lista: cancellate gli indirizzi errati, tenete d’occhio i bounce. Potete valutare se sospendere chi non vi ha mai aperto; cercare di riattivare “chi dorme” con una promo ad hoc; premiare e fidelizzare chi vi apre di più/chi condivide i vostri articoli sui social network. Autore: Valentina Santandrea, Communication Specialist @ Diennea – MagNews, per il TagliaBlog.